Il grifone è una creatura leggendaria con la testa, gli occhi, il becco e le ali d’aquila, il corpo, la coda e le zampe di leone.

ORIGINI
La maggiore frequenza di rappresentazione di questa creatura ibrida si riscontra nell’arte minoico/micenea e greca. Si trovano tuttavia alcune figure archetipe, o comunque correlabili ad essa, in diverse civiltà del Mediterraneo e dell’Asia Anteriore.
In Egitto, la più antica raffigurazione che può ricordare un grifone si può osservare sulla “tavolozza dei due cani”, del periodo predinastico (5.500 – 3.100 a.C.), rinvenuta a Ieracompoli. Mentre non si hanno più sue rappresentazioni note per tutto l’Antico Regno, riappare in alcune tombe di alti ufficiali presso Beni Hasan e Bersheh nel Medio Regno.
Un altro possibile archetipo del grifone si potrebbe invece individuare nel terribile Anzû, personificazione del vento di tempesta e della pioggia, rappresentato o citato fin dal III millennio a.C. nei rilievi sumeri ritrovati presso Telloh, sebbene fosse rappresentato non con la testa di aquila, ma di leone. Un’altra creatura con una descrizione simile è Asakku, anch’esso spirito della tempesta, demone portatore delle malattie e delle infermità. Presso le mitologie mesopotamiche le creature costituite dall’unione di più animali rapaci, o con serpenti dragonici, erano solitamente forme daimoniche delle divinità regali e guerriere della fertilità, della pioggia e della tempesta, con cui si accompagnano in aspetto benevolo come esseri portatori di fertilità. Nel loro aspetto feroce, invece, possono essere o causare eventi nefasti come disastri naturali, siccità e diluvi.
Tale figura ibrida si diffuse lentamente nell’immaginario di diverse popolazioni, anche per via del sincretismo che caratterizzava le religioni dell’epoca, non senza però differenziarsi e adattarsi al contesto culturale e mitologico; ad esempio i grifoni della sala del trono di Cnosso, a Creta, si distinguono per essere privi di ali, per le piume voluminose che sovrastano il muso d’aquila e per il corpo da generico felino, più simile al leopardo che al leone. Nel complesso, erano abbastanza comuni nell’arte minoico/micenea.
Presso i Greci era legato al culto solare, rivestendo un ruolo di compagno-servo di Apollo. In uno dei miti greci i grifoni erano in eterna lotta contro il favoloso popolo settentrionale degli Arimaspi che tentano di rapire il tesoro di Apollo da essi custodito. Ad Atene la figura del grifone fu resa popolare anche per via della sua adozione quale simbolo da parte della dinastia achemenide.
Trova una forma quasi definitiva nell’immaginario collettivo greco dopo il 400 a.C. con la diffusione di due opere, Le Storie (Ἰστορίαι, Historìai) di Erodoto di Alicarnasso (descritto come abitante dei monti tra gli Iperborei e gli Arimaspi, dove custodiva l’oro del Nord) e con La Storia della Persia (Περσικά) di Ctesia di Cnido.
«C’è anche oro [in India], non rinvenibile però nei fiumi
e slavato, come nel fiume Paktolos,
bensì in molte grandi montagne disabitate a causa dei Grifoni.
Questi sono uccelli a quattro zampe grandi quanto i lupi,
le loro zampe e i loro artigli assomigliano a quelli di un leone;
le piume del loro petto sono rosse,
mentre quelle del resto del corpo sono nere.
Sebbene ci sia abbondanza di oro nelle montagne,
è difficile recuperarlo a causa di questi uccelli.»
(Ctesia di Cnido, La Storia della Persia)
Il grifone, in quanto unione tra animale terrestre e animale dei cieli, è stato usato nella cristianità medievale come simbolo della doppia natura, terrestre e divina, del Cristo Gesù.
Pertanto il Grifone è così, secondo un’impostazione gnostica, il simbolo celeste di un messaggero guardiano della vera Via, della Verità e della Vita, proprio come ogni Kristos della storia umana ha applicato in comunione con la Sophia, anche prima dell’età diluviana, proprio come anche nella cultura medievale islamica esso era un animale mitologico molto apprezzato, proprio come testimonia il Grifone di Pisa, una scultura in bronzo di grandi dimensioni raffigurante un grifone, una bestia mitica, che si trova a Pisa sin dal Medioevo, anche se è in realtà un manufatto di arte islamica.
Si tratta della più grande scultura islamica medievale in metallo nota (altezza 1,07 m) ed è stato probabilmente creato nell’XI secolo nella Spagna islamica; è stato descritto come “il più famoso e il più bello e monumentale esempio” di una tradizione di bronzi zoomorfi dell’arte islamica e ora è nel Museo dell’Opera del Duomo di Pisa, un manufatto islamico che contiene una decorazione incisa, tra cui una scritta in arabo in caratteri cufici intorno al petto della bestia e fianchi che dice: “Perfetta benedizione, completo benessere, perfetta letizia, pace eterna e perfetta salute, felicità e buona fortuna per il proprietario“.

Il grifone era quindi un animale mitologico simile alla Sfinge, dall’aspetto di un leone alato con la testa d’aquila.
I Romani non associavano il grifone ad Apollo, ma a Nemesi, la dea della vendetta. Il significato mitologico del grifone non era molto importante in nessuna delle due culture, ma la creatura divenne uno dei soggetti preferiti nel mondo dell’arte. I grifoni decorano le pareti della sala del trono del palazzo di Cnosso a Creta, risalente al 1700 a.C. circa.
È il palazzo che si suppone sia appartenuto al re Minosse, un personaggio che si muove tra mitologia e realtà. Il grifone è rimasto da allora nel tema artistico, sia nel mondo greco, sia in quello romano e fino ai giorni nostri.
La storia del Grifone è avvolta dal mistero e dalle leggende, ma ci sono molti elementi che ci permettono di ricostruire la sua origine e la sua evoluzione nel tempo.
Secondo la mitologia greca, il Grifone è una figura leggendaria che veniva spesso rappresentata come un guardiano delle tombe o dei tesori, in grado di proteggere i luoghi sacri dalla profanazione.
In particolare, il Grifone era spesso associato al culto di Apollo, dio del Sole e delle arti, che rappresentava la luce e la conoscenza. In questo contesto, il Grifone veniva visto come un simbolo di saggezza e di protezione, in grado di proteggere i tesori e le conoscenze sacre del dio Sole.
Con l’espansione dell’Impero Romano, il Grifone è stato adottato anche nella mitologia romana, dove è stato associato alla figura di Giove, dio del cielo e del fulmine. In questa versione, il Grifone era visto come un simbolo di potere e di forza, in grado di difendere l’impero e le sue conquiste.
Nella cultura occidentale, il Grifone è diventato un simbolo di nobiltà, di coraggio e di forza, spesso utilizzato come emblema dalle famiglie nobili e dalle istituzioni di potere, impiegato anche impropriamente come schermaglia profanata cognitivamente per dimostrare una discendenza autorevole. Oggi, la figura del Grifone è ancora presente nella cultura popolare, e viene visto come simbolo di protezione e di saggezza.
In conclusione, la storia del Grifone nella mitologia greca e romana è avvolta dal mistero e dalle leggende, ma ciò che emerge chiaramente è il suo simbolismo di protezione, saggezza e potere. La figura del Grifone ha influenzato la cultura occidentale per secoli e continua ad affascinare ancora oggi.

IL GRIFONE: TRA MITO E SIMBOLOGIA
Da un punto di vista filologico, va notato come esistano molteplici studi sul Grifone stesso: quello iconografico di Anna Maria Bisi, che prende in esame la zona dell’antico Oriente Mediterraneo, i lavori di Ekrem Akurgal, di Henri Frankfort e quelli di numerosi altri studiosi, i quali approfondiscono la storia del simbolo nel mondo greco, il suo ruolo nella cristianità e nelle altre religioni del mondo.
Il grifone è presente ininterrottamente nell’iconografia e nella storia dell’arte da circa seimila anni nell’area mediterranea e medio-orientale, senza aver mai conosciuto momenti di eclissi. Sembra che l’enorme diffusione iconografica di questo animale sia dovuta in massima parte al suo aspetto formale, che per eleganza e vigore si presta particolarmente bene a svolgere un ruolo emblematico o allegorico, piuttosto che a incarnare le ambiguità simboliche di cui sono portatori mostri come la sirena, il drago e l’unicorno. Il grifone è infatti composto dai due animali più rappresentativi del potere e della nobiltà, rispettivamente nell’aria e sulla terra: un’aquila nella parte anteriore e da un leone nella parte posteriore. Le rappresentazioni, a parte questa base comune variano un po’. A volte la parte aquilina riguarda solo la testa e le ali, mentre altre volte anche le zampe anteriori risultano piumate e dotate d’artigli; mentre in alcune raffigurazioni un pò bizzarre e lontane dalla tradizione, il grifone al posto della coda aveva un serpente e le orecchie erano quelle di un cavallo. Le rappresentazioni del grifone sono molte antiche e le ritroviamo in un’area che va dal medio oriente a tutto il mondo occidentale. La più antica immagine dell’animale è stata trovata in Iran su un sigillo risalente al 3000 A.C.
Nelle leggende e nei miti il grifone ha assunto varie funzioni, da quello di guardiano a creatura demoniaca, fino a trasformarsi “magicamente” da simbolo della superbia a simbolo del Cristo nel Medioevo.
Il grifone riassume le qualità positive del leone e dell’aquila, accomunati da maestosità e fierezza e considerati, in un’ideale gerarchia, al di sopra degli altri animali. Il grifo assumendo in sé le maestà del leone e dell’aquila diviene sovrano del cielo e della terra. A livello allegorico l’aquila rappresenta l’intelligenza per la sua capacità di guardare lontano, il leone la forza e il coraggio e il serpente la furbizia e quindi il grifo è un simbolo di completezza, la forza guidata dalla intelligenza ed aiutata dalla furbizia per svelare gli inganni.
Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. (Vangelo secondo Matteo)
A livello esoterico il grifone è un simbolo di iniziazione molto esplicito. La sua natura è doppia: è formato da un animale terrestre e da un uccello, quindi partecipe dei due mondi terrestre e celeste.
Nel medioevo questa doppia natura terrena e celeste ne fece simbolo del Cristo, Uomo e Dio insieme.
Al leone spuntano le ali e riesce a librarsi in cielo e a svincolarsi dalla sua condizione terrena. Gli uccelli sono solo partecipi della condizione celeste è non possono rappresentare un simbolo per l’iniziazione, mentre il grifone rappresenta lo sforzo dell’animale terrestre di elevarsi. Tutti partiamo da una situazione terrena. L’iniziazione non è che un passaggio da una condizione umana, terrena ad una superiore e il grifone con la sua doppia natura ne è un perfetto simbolo.
Un altro simbolismo legato alla doppia natura del mitico animale è quello di essere un ponte fra cielo e terra, un tramite, uno strumento per avvicinarsi ai cieli. In un racconto si narra di come Alessandro, ormai padrone di un impero che si estendeva oltre la vista utilizzasse dei grifoni per potersi sollevare da terra ed osservare i suoi territori. Da questo racconto nasce l’associazione fra il grifone e la superbia. A tal proposito bisogna dire che nei racconti, Alessandro Magno per quanto venga descritto come un grande condottiero è sempre presentato come mancante di un quid per farlo assurgere ad una completezza ideale. Per la tesi valgono l’episodio del nodo di Gordio in cui non riesce a scioglierlo e si limita a tagliarlo e quella della fontana della giovinezza trovata da un suo compagno e non da lui. In ogni caso anche questo racconto si inquadra perfettamente nel simbolismo iniziatico perché chi si accinge a ricevere l’iniziazione non può essere mosso da superbia, che anzi è una condizione bloccante.

Il ruolo di tramite del grifone è evidente dall’essere nei miti greci la cavalcatura di vari dei come Apollo, lo stesso Zeus, padre degli dei, Nemesi la Dea della vendetta e Oceano, ma esistono anche raffigurazioni in cui è cavalcato da Dioniso o da Eros. È scontato che il padre degli dei non poteva che cavalcare l’animale che racchiude il massimo del cielo e della terra. Dal IV A.C. il grifone accompagna Dioniso nelle vesti di divinità sotterranea. A Pompei ritroviamo l’animale in una tomba su un medaglione a rilievo in stucco cavalcato da Eros. In queste immagini è palese il ruolo di animale psicopompo, confermando il suo ruolo di tramite tra mondi diversi. Come tutti i simboli c’è un aspetto ‘positivo’ e uno ‘negativo’. Da un lato il grifone traina il carro solare dall’altro accompagna i defunti nel viaggio nell’oltretomba. Notiamo quindi, che l’animale fantastico è partecipe di due dei quattro elementi, la terra e l’aria costituendo anche da questo punto di vista un perfetto ponte fra due mondi.
Altro elemento caratterizzante il grifone è la coda formata da un serpente, animale sicuramente legato alla terra, ma in grado di infilarsi nei buchi, quindi in qualche modo partecipe della natura sotterranea e in tal modo ideale completamento con il leone e l’aquila dei tre mondi, dando così al grifone una completezza. Ma non solo questo, il serpente oltre alle note valenze negative, che nel grifone non compaiono, è un altro simbolo iniziatico per la sua caratteristica di cambiare pelle, quindi di lasciare la sua vecchia natura e di acquisirne una nuova.
Nel Medioevo il grifone è considerato un animale reale: i suoi artigli sono una delle reliquie più commerciate, perché si crede che abbiano il potere di rivelare i veleni, cambiando colore quando vi vengono immersi.
In alcune leggende i grifoni abitavano i monti Rifei dove estraevano l’oro, mentre in altre sono custodi di tesori ed in particolare fra i vari miti furono posti a guardia dell’oro degli iperborei. L’accenno più antico sembra sia dovuto ad Esiodo, ma la storia più nota è quella raccontata dal poeta Aristea di Proconneso, vissuto intorno al VI-VII secolo a.C., in un poema perduto, intitolato Arimaspea. In esso si narrava di un viaggio che l’autore aveva intrapreso per giungere tra gli Iperborei, nel corso del viaggio aveva incontrato gli arimaspi e i grifoni, guardiani delle miniere d’oro. Questo racconto subisce una variante verso il IV secolo, ad opera di Ctesia, il quale, rifacendosi a Erodoto, che narrava dell’esistenza degli arimaspi e di certe formiche giganti dell’India che estraevano l’oro e che assalivano con ferocia gli uomini che volevano impadronirsene, unisce queste due storie, sostituendo alle formiche i grifoni dando così origine alla leggenda delle lotte continue tra gli arimaspi e i grifoni custodi dell’oro. Il comportamento feroce del grifone, che era già desumibile nell’arte mesopotamica, diventa un tratto determinante dell’animale. Secondo Eliano, però, i grifoni sono tanto aggressivi non perché vogliono difendere a tutti i costi le miniere d’oro, quanto piuttosto i loro piccoli, poiché costruiscono i loro nidi con l’oro e gli uomini vi si avvicinano per rubarli. Questi legami con l’oro e con le popolazioni iperboree ne rafforzano il simbolismo solare notato prima nel mito che lo fa traino del carro solare. Il grifone era in origine un geroglifico egizio con cui si rappresentava Osiride ed esprimeva l’attività del sole quando si trovava nel segno del leone (Solleone).
In ottica simbolica l’estrazione dell’oro dalle montagne ricorda un’operazione alchemica: dalla materia grezza all’oro. D’altro canto il ruolo di custode di tesori ricorda altri animali mitologici come il drago custode del giardino delle Esperidi o quello custode dell’anello dei nibelunghi, tutti simbolo delle prove da superare per raggiungere il tesoro della conoscenza. È chiaro che non si tratta di tesori materiali. Anche questi miti ne confermano il simbolismo iniziatico. Il valore simbolico del Grifone in alchimia è chiaro, siamo di fronte a due nature intimamente connesse, una volatile (l’aquila) e una fissa (il leone) che alchemicamente indica l’unione tra lo Zolfo e il Mercurio e riconosce nell’immagine sottostante la rianimazione del Mercurio e il lento scioglimento dell’Oro filosofico. (Fulcanelli)
In un’immagine dell’Aurora Consurgens il maschio e la femmina, che hanno rispettivamente per testa il Sole e la Luna, combattono mentre cavalcano il leone (il maschio) e il grifone (la femmina). L’immagine del combattimento, che contiene molti altri simboli, sembra raffigurare i due principi alchemici, lo zolfo (leone) e il mercurio (grifone).
Il ‘sale’ – il mediatore tra le due – si associa volentieri sia al fisso che al volatile. Il principio maschile(zolfo) dovrà attirare verso di sé la parte solforosa contenuta nella natura mercuriale, e viceversa. Si otterrà, al termine di questa prima fase, una sostanza che viene chiamata calamita dei saggi, specchio dell’arte, l’aimant, che sarà in grado di incorporare il nostro ‘sale’ e allo stesso tempo caricare il ‘sale’ di energia. È questo uno dei ‘passaggi’ cruciali alchemici: questo racchiude il verbo dimissum, la parola perduta, il verbo creatore, l’incarnazione di Dio nella materia. Dal vecchio drago nero sulfureo si otterrà la Bianca Vergine che recherà una stella o “Artiglio del Grifone” (indicazione che si sta procedendo sulla strada giusta paragonabile al motto “In hoc signo vinces”), ripresa più volte nell’iconografia cristiana nella figura di Maria (Es: Madonna della Stella et al.).

Questa ultima annotazione richiama alla memoria l’arcano 17 dei tarocchi marsigliesi La Stella, che indica Destino, Vocazione, Pace interiore, Purificazione, Ispirazione. La Stella guida e illumina la via. La sua influenza è benefica e ispirante. È il tempo per visualizzare, sognare, avere grandi visioni. Come il cosmo sopra di noi è sconfinato, così il nostro pensiero deve volare libero e non avere limiti. Le nostre azioni devono essere pure e ispirate da alti ideali.
Pertanto la stella adottata dal Primordialismo Visionario come guida imperiale emblematica del nostro movimento rappresenta tutto questo: il Grifone come simbolo di un cammino iniziatico ben preciso che attraversa l’intero pianeta Urantia, la Vergine come simbolo di purezza e ispirazione del ruolo escatologico della donna iniziatica e la Stella Ottonaria di bianco colore che rappresenta la vocazione del destino di purificare l’intera umanità, degli elementi che presi insieme tutti e tre rappresentano l’impiego imperiale futuro dell’Araldo dei Grifoni.

