di Vincenzo Di Maio
La socializzazione secondo la sociologia accademica è un fondamento della vita umana imprescindibile che si distingue in socializzazione primaria, definita dal rapporto intergenerazionale tra genitori e figli, e in socializzazione secondaria, distinta dal rapporto di ogni essere umano con tutte le istituzioni sociali, dall’infanzia fino all’anzianità, due processi sociali fondamentali che stabiliscono la vita sociale nel corso storico degli eventi culturalmente diretti dalle tradizioni, ma anche dai processi sociali del modernismo in tutte le due forme, un antagonismo antropologico formato dal rapporto sotterraneo tra la Tradizione Primordiale e la Devianza Originaria, la quale quest’ultima dietro le quinte, conduce le masse dei popoli verso l’autodistruzione di qualsiasi civiltà.
Storicamente, invece, la socializzazione è stato un fenomeno denominato in tal senso dal mondo partenopeo del regno di Napoli, come sinonimo di innovazione tecnologica, di investimenti in ricerca scientifica e di nuove forme di divisione sociale del lavoro, che a quei tempi rappresentavano dei veri e propri esperimenti sociali in cui tutti coloro che lavoravano venivano rispettati in dignità umana, secondo nobili principi umani e in funzione della libertà sociale, un fermento sociologico che nell’Ottocento portò Napoli al centro del mondo, in termini di progresso economico sociale, secondo canoni politici di tipo aristocratico, fino alla fine del regno di Napoli che avvenne con la discussa distruzione degli equilibri sociali, ad opera di quel processo concertato dietro le quinte della massoneria, che fu l’unità d’Italia.
Da allora altri processi di socializzazione, intesa come forma storica di sperimentazione sociale rivolta a migliorare le condizioni generali dei popoli, si ebbero in Francia con l’anarchico Proudhon e altri in Inghilterra e in Germania, tutto ciò che faceva capo al cosiddetto operaismo, ossia il movimento operaio che fondò la prima associazione internazionale dei lavoratori, un fermento culturale che poi coniò una nuova parola di stampo ideologico che fu il socialismo, in qualità di ideologismo antagonista al liberalismo capitalista.
Con il conio dell’ideologia socialista nacquero da subito i primi fraintendimenti e divergenze cognitive che condussero i deboli ad essere sempre più frammentati e divisi, uno zampino diabolico a cui si aggiunse successivamente nel 1848 anche il conio di un’altra nomenclatura che fu il comunismo, una fuga in avanti tra galli da pollaio che dividevano sempre più le masse confuse e indebolite cognitivamente nel ricercare l’unità originaria dei lavoratori oppressi da un capitale sempre più distante dalle necessità degli operai, e sempre più legato a doppio filo con il gotha dell’alta finanza che ingrassava continuamente il proprio patrimonio, una dinastia globalista che, secondo dati ufficiali, già dal ‘700 faceva capo alla famiglia dei Rothschild.
Con l’avvento della prima guerra mondiale, voluta dal grande capitale dell’alta finanza e sostenuta dalla massoneria deviata di Francia e Inghilterra contro gli ultimi baluardi imperiali d’Europa che erano la Germania, l’Austria e la Russia zarista deviata dai servizi segreti britannici che decretarono la fine dei Romanov e l’avvento di un ebreo russo chiamato Lenin su un treno speciale finanziato dell’alta finanza angloamericana, nacque un enorme disagio sociale diffuso in Europa continentale che fu il contesto da cui trasse slancio un nuovo fermento politico culturale internazionale sulla base dei reduci di guerra e ad opera di due leader indiscussi, come Mussolini in Italia e Hitler in Germania, che durante il periodo della Grande Depressione riuscirono a ribaltare le sorti del popolo nei loro rispettivi paesi riportando in auge nuovamente lo spirito antico della sperimentazione sociale rivolta a migliorare le condizioni generali delle loro società nazionali, attraverso nuove forme di socializzazione nazionale che in Italia videro la loro massima espressione con il Manifesto di Verona e la repubblica di Salò.
Da allora, ciò che è rimasto di quelle sperimentazioni socioeconomiche, nel secondo dopoguerra si recuperarono parzialmente le conquiste sociali con l’introduzione di un nuovo concetto un pò confuso che fu la definizione dell’economia mista, quale compartecipazione tra stato e capitale alla promozione del lavoro e allo sviluppo dell’economia nazionale, un sistema che dall’introduzione del liberismo economico negli anni ’80 e dalla diffusione del libertarismo culturale negli stessi anni, nacquero i fondamenti della triade antropologica del modernismo, guidato dalle politiche del liberalismo capitalista, una modernità che esordisce in una sua postmodernità con la caduta del muro di Berlino e la caduta dell’URSS, all’insegna di una fantomatica democrazia rappresentativa quale panacea politica per il mondo intero.
Questo autosuperamento della modernità in una postmodernità attraversa gli anni ’90 in cui nasce un nuovo interesse culturale nei confronti della cooperazione sociale, che è una delle tante forme storiche di socializzazione economica nata per la prima volta nella storia nel primo ‘800 a Pozzuoli nel regno di Napoli, e prescelta proprio a causa del suo principio democratico generale di “una testa un voto” indipendentemente dalla quota di patrimonio posseduto, per poi essere strumentalizzata dal potere come forma di speculazione economica e clientelismo politico, una cooperazione sociale a cui si lega anche il volontariato delle associazioni socioculturali e il credito delle banche popolari, un’esperienza che si diffonde nel mondo attraverso il movimento politico internazionale dei no-global che nacque a Seattle nel dicembre 1999 e che dopo le esperienze dei Social Forum termina improvvisamente per diventare struttura generale delle fondazioni umanitarie e delle organizzazioni non governative, strumentalizzate come forma di cooperazione da personaggi pseudo-filantropi come George Soros e Bill Gates, due magnate minori dell’attuale alta finanza mondiale presieduta dalle dinastie finanziarie secolari come i Rothschild, i Rockfeller e i Warburg.
Pertanto l’identità della Devianza Originaria oggi risiede anche in una certa parte di tutte queste organizzazioni, oggi denominate filantropiche, che svolgono attività remunerative a discapito del disagio sociale nazionale e internazionale, locale e globale, una distinzione che estrapola coloro che sono ancora legati allo spirito originario della Tradizione Primordiale, che si incarna in tutte le esperienze di socializzazione economica del lavoro, e che con tale spirito continua incessantemente a contrastare e a contenere i propri replicanti, in funzione di un grado superiore di consapevolezza che li faccia rendere partecipi al Primordialismo Visionario quale movimento politico internazionale, generando una tendenza positiva di convergenza tra capitale e lavoro, se non proprio di vera e propria trasformazione sociale attraverso l’instaurazione di un processo di artigianizzazione del lavoro a tutti i livelli economici.
PRIMORDIALISMO VISIONARIO – movimento politico internazionale

