di Stefano Vernole
La nuova mitologia è che la NATO sarebbe una sorta di club del bridge al quale le nazioni interessate decidono di aderire liberamente senza alcuna pressione esterna …
Peccato che nel Protocollo d’intesa di Rambouillet nel febbraio/marzo 1999, per evitare il conflitto, alla Federazione Jugoslava venne sottoposto il seguente ultimatum (Allegato B): «Il personale della NATO dovrà godere, con i suoi veicoli, vascelli, aerei ed equipaggiamenti, libero e incondizionato transito attraverso l’intero territorio della Federazione delle Repubbliche jugoslave, ivi compreso l’accesso al suo spazio aereo e alle sue acque territoriali. Questo dovrà includere, ma non essere a questo limitato, il diritto di bivacco, di manovra e di utilizzo di ogni area o servizio necessario al sostegno, all’addestramento e alle operazioni».
Esso si aggiungeva al già inaccettabile articolo 7, riguardante lo status delle truppe della NATO operanti in Serbia: «Il personale NATO sarà immune da ogni forma di arresto, inquisizione o detenzione da parte delle autorità della Repubblica jugoslava. Personale NATO erroneamente arrestato o detenuto dovrà essere immediatamente riconsegnato alle autorità NATO».
Agli articoli 9 e 10 si specificò poi che: «La NATO non sarà tenuta a pagare tasse o qualsiasi altro onere fiscale e tariffario, né dovrà subire qualsivoglia controllo doganale.» Per “servizi” a disposizione dell’Alleanza Atlantica l’articolo 15 spiegò trattarsi: «Il pieno e libero uso delle reti di comunicazione, Tv inclusa, e il diritto di usare l’intero campo elettromagnetico, il tutto free of costs.
La NATO avrebbe cioè potuto utilizzare gratis aeroporti, strade, ferrovie, porti e vie d’acqua, utilizzare tutte le caserme e le postazioni militari, mentre le autorità jugoslave avrebbero dovuto appoggiare tutte le priorità indicate nell’allegato.
L’articolo 20 precisò che il personale locale eventualmente impiegato dalla NATO «sarà soggetto esclusivamente alle condizioni e ai termini stabiliti dalla NATO stessa», mentre all’articolo 21 si affermò che la NATO sarà autorizzata a «detenere persone e a consegnarle al più presto alle autorità appropriate» [senza specificare chi fossero tali autorità…].” Subito dopo che la Serbia rifiutò di firmare questo umiliante ultimatum (definito inaccettabile perfino dall’ex Ministro italiano Lamberto Dini), la NATO iniziò i bombardamenti sull’intera Federazione Jugoslava (Montenegro compreso), distruggendo tutte le infrastrutture jugoslave (ponti sul Danubio compresi e lasciando migliaia di bombe non sganciate nel Mar Adriatico) e provocando in 78 giorni di conflitto migliaia di morti civili e milioni di sfollati.
Si può capire con quale serenità i Paesi “interessati” abbiano successivamente discusso delle loro clausole di adesione all’Alleanza Atlantica.
Lo stesso anno, l’ex diplomatico serbo e fondatore dell’Istituto di geopolitica di Belgrado, Dragos Kalajic, spiegò di aver chiesto ad alcuni ambasciatori dell’ex Europa orientale il motivo dell’ingresso dei loro Paesi nella NATO: costoro risposero che si trattava della pre-condizione per l’ingresso successivo nell’Unione Europea …
23 anni dopo, la sottomissione coloniale dell’Europa agli Stati Uniti appare più evidente che mai, ed è una delle ragioni principali dell’attuale guerra in Ucraina.

