di Daniela Di Niro
“Silvarum patrona et domina, Diana, es”
“O Diana, tu sei la patrona e la padrona delle selve”
Diana è antichissima Dea italica, la DIA, signora delle selve e delle belve, custode di fonti e torrenti, Dea della Natura e dell’agricoltura, protettrice delle donne caste. Caste, non vergini, a significare le donne indipendenti che non soggiacciono a mariti padroni. La radice si trova nel termine latino arcaico “dius” (“della luce”, da dies, “ luce del giorno”), divino, per cui il nome originario sarebbe stato Divina.
Il principale luogo di culto di Diana italica si trovava presso il piccolo lago laziale di Nemi, sui colli Albani, e il bosco che lo circondava era detto nemus aricinum per la vicinanza con la città di Ariccia.
Il santuario di Ariccia potrebbe essere stato il nuovo santuario federale dei latini dopo la caduta di Alba Longa, da quanto riportato da Catone nelle “Origines”, cioè che il dittatore tusculano Manio Egerio Bebio officiò una cerimonie comunitaria nel Nemus Aricinum insieme ai rappresentanti delle altre principali comunità latine: “Tusculanus, Aricinus, Lanuvinus, Laurens, Coranus, Tiburtis, Pometinus, Ardeatis, Rutulus.
In seguito Servio Tullio fondò il nuovo tempio di Diana sull’Aventino e lì spostò il centro del culto federale con il consenso dell’aristocrazia latina.
Sempre secondo Catone, i Rutuli avevano partecipato alla fondazione del tempio della dea sulle sponde del lago di Nemi,e il santuario fu frequentato e attivo fino all’avvento del cristianesimo.
Inoltre molti altri santuari erano situati nei territori del Lazio antico e della Campania e di recente è stato scoperto un santuario dedicato a Diana Umbronensis all’interno del Parco Regionale della Maremma. Era in questi luoghi che si celebravano, in onore della Dea, le feste dette Artemisie.
La Dea di Nemi è denominata Diana Nemorense, ma nella sua forma più antica Diana era Iana, la controparte di Iano o Diano. Macrobio narra che le due facce di Giano derivano dalla sua fusione con Giana. o Jana, che è presente in tutto il Mediterraneo.
Trattavasi di un culto della fertilità della natura, del ciclo eterno di morte e rinascita del sole, dell’unione fra il sole e la luna. Jana-Jano sono i custodi delle porte (i solstizi erano le porte del ciclo universale, alba e tramonto erano le porte del cielo nel ciclo quotidiano) e quindi i garanti dell’equilibrio e del passaggio fra vita e morte.
Tito Livio ed altri grandi storici affermano che diversi secoli prima di Cristo, sul Mons Algidus vi erano templi dedicati a divinità, soprattutto a Diana la veneratissima e bella Dea dei boschi e della caccia. Non a caso in zona, siamo presso il Monte Cavo (o Gavo come veniva chiamato nell’antichità) ci sono i boschi dell’Artemisio, dedicati appunto alla Dea della natura selvaggia.
La Dea italica divenne romana e Catullo cantò:
“Su, devoti a Diana, fanciulle e fanciulli innocenti,
preghiamo nel canto Diana,
fanciulle e fanciulli innocenti.
O grande Latonia, sangue
santo di Giove, che a Delo
tua madre depose
accanto all’ulivo,
perchè di monti e di boschi
e di macchie profonde,
e di fiumi sonanti tu
fossi Signora,
t’invocano Madre Lucina
in doglia le puerpere,
ti chiamano magica Trivia,
e Luna di luce riflessa.”

