AL-INSAN AL-KAMIL: L’UOMO PERFETTO

a cura di Vincenzo Di Maio

Al-Insān al-Kāmil o l’essere perfetto è stato profondamente discusso in forma scritta da Ibn ʿArabī in una delle sue opere più prolifiche dal titolo Fuṣūṣ al-Ḥikam. L’assunzione di un’idea già comune all’interno della cultura sufi, è applicata da Ibn ʿArabī alla profonda analisi e riflessione sul tema dell’Uomo Perfetto e la ricerca nella realizzazione di questo obiettivo. Nello sviluppare la sua spiegazione del perfetto essere, Ibn ʿArabī prima discute della questione dell’Unicità dell’Esistenza attraverso la metafora dello specchio.

In questa metafora Ibn ʿArabī confronta un oggetto che viene riflesso in innumerevoli specchi al rapporto tra Dio e le sue creature. L’essenza di Dio si vede nell’essere umano esistente, come Dio è l’oggetto e gli esseri umani sono gli specchi. Ciò significa due cose, che da quando gli esseri umani sono meri riflessi di Dio non ci può essere alcuna distinzione o separazione tra i due e senza Dio le creature sarebbero inesistenti. Quando un individuo capisce che non c’è separazione tra l’uomo e Dio, ha inizio il percorso verso l’unità finale. Chi decide di camminare in direzione di tale unità persegue la vera realtà e risponde al desiderio di Dio di essere conosciuto. La ricerca all’interno di questa realtà di unità provoca un ricongiungimento con Dio, così come il miglioramento della coscienza di sé.

L’Uomo perfetto, attraverso questo sviluppo di autocoscienza e auto-realizzazione, richiede una auto-manifestazione divina. In questo modo l’Uomo Perfetto diviene di origine sia divina sia terrena. Ibn ʿArabī lo chiama l'”istmo”. Essendo l’istmo tra cielo e terra, l’Uomo Perfetto soddisfa il desiderio di Dio di essere conosciuto e la presenza di Dio può essere realizzata per mezzo di Lui da altri. Inoltre attraverso l’automanifestazione, si acquisisce la conoscenza divina, che è lo spirito primordiale di Maometto e tutta la sua perfezione. Ibn ʿArabī aggiunge che l’Uomo Perfetto veicola lo spirito divino al cosmo.

Ibn ʿArabī ha inoltre spiegato l’Uomo Perfetto utilizzando almeno ventidue diverse descrizioni e vari aspetti quando si considera il Logos. Ibn ʿArabī contempla il Logos, o “Uomo Universale”, come una mediazione tra l’individuo umano e l’essenza divina.

L’uomo in Ibn ʿArabī è l’immagine perfetta della creazione completata: «Chi ha creato te, poi modellato e plasmato armoniosamente? Egli ti ha formato nel modo in cui Egli ha voluto». L’immagine esteriore dell’uomo assomiglia in qualche modo al mondo e alle sue dimensioni macrocosmiche. Le sue facoltà interiori (intelletto, immaginazione, etc.) hanno una somiglianza con le sfere superiori. La somiglianza esteriore e interiore è costantemente citata nei diversi capitoli del Futūḥāt nonché del Mawāqiʿ al-Nujūm (Il tramonto delle stelle) e le Tadbīrāt al-Ilāhiyya (Le disposizioni divine). Prima di Ibn ʿArabī, molti filosofi, come i Fratelli della purezza (Ikhwan al-Safa) e Avicenna (Ibn Sīnā), sistemati nel loro volto umano metafisico dell’universo e nell’aspetto cosmologico dell’uomo.

Ibn ʿArabī intende per l’uomo un grado elevato e distinto, quello dell’Uomo Perfetto (il Quṭb, il Polo), che ha la conoscenza filosofica e l’esperienza mistica. La perfezione umana è associata all’immagine divina che fornisce i segreti esoterici dell’agire sulla creatura. Inoltre, la presenza dell’uomo nella creatura contribuisce alla perfezione della sua immagine. L’Uomo Perfetto si distingue dall’uomo comune (Ibn ʿArabī parla di “uomo-animale”, a causa delle sue caratteristiche anatomiche e fisiologiche) in quanto è lui solo, grazie all’appropriazione dei Nomi Divini, ad avere la volontà creativa e il comando del mondo. Inoltre, l’Uomo Perfetto si distingue per l’energia spirituale o l’aspirazione (in arabo: himma) che è il suo strumento di creazione. Esso rappresenta, nell’uomo-animale, il lato manuale nei suoi prodotti e delle sue disposizioni.

Oltre l’appartenenza all’entità spirituale, l’Uomo Perfetto si distingue anche per la “luogotenenza” (Khilāfa). È quindi vicario (khalīfa) e successore (nāʾib), in quanto in controllo di tutti i nomi e in copia ridotta della realtà cosmica e metafisica. Questo versetto ci insegna questa verità: «Egli insegnò ad Adamo tutti i nomi».

Se Dio è qualificato come un “tesoro nascosto”, Egli è nascosto dietro la forma di un Uomo Perfetto e si manifesta con la sua Teofania in quella forma perfetta. Essendo il luogo epifanico, l’Uomo Perfetto conosce sé stesso e conosce il suo Signore che appare in lui a differenza dell’uomo-animale che conosce la realtà superiore attraverso l’intermediazione delle prove cosmiche e dei segni eretti nel mondo. La meditazione di questi segni non supera in lui il solo sforzo speculativo. L’Uomo Perfetto, piuttosto, contempla questi segni in lui ed estrae le perle del tesoro nascosto nella sua anima. Esso combina in tal modo la meditazione e la contemplazione. Questo sforzo di contemplazione culmina nell’esperienza delle diverse modalità di presenza (Ḥaḍara) Divina. L’uomo universale o perfetto è colui che raggiunge la soglia della “Presenza totale” (al-Ḥaḍarāt al-jāmʿiyya) che comprende tutte le altre forme di presenza e sintetizza, attualizzando e l’integrando di un punto di vista esistenziale le infinite qualità dei nomi divini che contengono la prospettiva del principio.

Quindi, nella teologia islamica, al-Insān al-Kāmil (in arabo: الإنسان الكامل), reso anche come Insān-i Kāmil (persiano/urdu: انسان کامل) e İnsan-ı Kâmil (turco), è un titolo onorifico per descrivere il profeta islamico Maometto. La frase significa “la persona che ha raggiunto la perfezione” letteralmente “la persona completa”. E’ un concetto importante nella cultura islamica del prototipo dell’essere umano, della pura coscienza, della propria vera identità, da contrapporre all’umano materiale che è vincolato dai propri sensi e dal materialismo. Il termine era originariamente usato dai sufi sunniti ed è ancora usato da loro, ma è usato anche dagli alawiti e dagli aleviti. Questa idea si basa su un hadith che è stato usato da Ibn Arabi, che afferma di Maometto: “Ero un profeta quando Adamo era tra l’acqua e l’argilla”.

Lo studioso islamico sunnita Muhammad Alawi al-Maliki, ha pubblicato una Sirah su Maometto come al-Insān al-Kāmil. Al-Jili fu l’autore di un testo arabo intitolato al-Insān al-Kāmil. Gli ismailiti credono che ogni Imam sia un uomo perfetto.

Mansur al-Hallaj e Al-Biruni hanno espresso l’idea all’interno delle loro opere. Il concetto è evidente nelle opere di Ahmad Yasawi (1093-1166), la cui influenza diffuse il sufismo in tutta l’Asia centrale. Il concetto è stato applicato anche da ibn Arabi, un pensatore islamico molto rispettato e influente. L’origine di questo concetto deriva dal Corano e dagli hadith, come menzionato nel Fusus Al-Hikam di Ibn Arabi:

La saggezza di Maometto è l’unicità (fardiya) perché egli è la creatura più perfetta esistente di questa specie umana. Per questo motivo, il comando è iniziato con lui ed è stato suggellato con lui. Era un Profeta mentre Adamo era tra l’acqua e l’argilla, e la sua struttura elementare è il Sigillo dei Profeti. 

Nel Corano si vede lo status gerarchico dell’uomo al di sopra di tutti gli esseri, in quanto afferma che Dio ha creato gli esseri umani nella statura più bella. A causa di questo avvenimento, l’uomo è favorito da Dio e si dice che gli viene data la luce di Dio che conduce attraverso di lui alla completa perfezione. Il detto precedente illumina l’idea che dietro il vero obiettivo della creazione c’è il desiderio di Dio di essere conosciuto, che si realizza attraverso l’essere umano perfetto.

Al-Insan al-kamil, o l’essere perfetto, fu però discusso per la prima volta in forma scritta da Ibn Arabi in una delle sue opere più prolifiche intitolata Fusus al-Hikam. Prendendo un’idea già comune all’interno della cultura sufi, Ibn al-Arabi applicò un’analisi e una riflessione profonde sulla questione dell’Umano Perfetto e sulla ricerca di questo obiettivo. Nello sviluppare la sua spiegazione dell’essere perfetto, al-Arabi discute innanzitutto la questione dell’unità attraverso la metafora dello specchio. In questa metafora, al-Arabi paragona un oggetto riflesso in innumerevoli specchi al rapporto tra Dio e le sue creature. L’essenza di Dio si vede nell’essere umano esistente, poiché Dio è l’oggetto e gli esseri umani sono gli specchi. Intendendo due cose, che poiché gli esseri umani sono semplici riflessi di Dio, non ci può essere distinzione o separazione tra i due e senza Dio le creature non esisterebbero. Quando un individuo comprende che non c’è separazione tra l’uomo e Dio, inizia il cammino dell’unità ultima. Colui che decide di camminare in questa unità persegue la vera realtà e risponde al desiderio di Dio di essere conosciuto.

L’Umano Perfetto, attraverso questa autocoscienza sviluppata e l’autorealizzazione, stimola l’auto-manifestazione divina. Questo fa sì che l’Uomo Perfetto sia di origine divina che terrena, al-Arabi lo chiama l’Istmo. Essendo l’istmo tra il cielo e la terra, l’uomo perfetto soddisfa il desiderio di Dio di essere conosciuto e la presenza di Dio può essere realizzata attraverso di lui da altri. Inoltre, attraverso l’auto-manifestazione, si acquisisce la conoscenza divina, che è lo spirito primordiale di Maometto e tutta la sua perfezione. Al-Arabi spiega che l’uomo perfetto è del cosmo al divino e trasmette lo spirito divino al cosmo. 

AL-INSAN AL-KAMIL: L'UOMO PERFETTO
AL-INSAN AL-KAMIL: L’UOMO PERFETTO

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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