di Giuliano Noci
La rivoluzione, ci piaccia o no, è arrivata. Si chiama Intelligenza Artificiale. Angelo o demone? Difficile dirlo. Rischioso fare previsioni. A dispetto dell’evidente potenziale impatto positivo sono molti coloro che concentrano la propria attenzione sulla minaccia e le criticità riconducibili a una sua diffusione non controllata. In particolare, grande attenzione è posta sul fatto che i Large Language Models non sono al 100% affidabili in quanto gli output prodotti potrebbero risentire dei bias insiti nei training set utilizzati per addestrare i modelli. Un’altra preoccupazione riguarda il potenziale effetto sostitutivo che l’IA può innescare, grazie all’automazione, nei confronti degli esseri umani. Tuttavia, proprio in ragione di un obiettivo di tutela della qualità e quantità dell’operato umano, sarebbe più opportuno assumere una prospettiva diversa, di natura costruttiva fondata su tre presupposti di fondo. Posizioniamoci un passo indietro, un gradino più in alto. Il primo fa riferimento al fatto che sarà la strategia a fare la differenza. Se prevarranno modelli di business a piattaforma (e non le tecnologie proprietarie), sarà possibile per le imprese accedere ad un pool di risorse standard in grado di garantire loro una maggiore focalizzazione su leve e aspetti che fanno la differenza. Il secondo presupposto fa invece riferimento al modo in cui si guarda al rapporto tra uomo e tecnologia (di IA). In questa prospettiva, sarà necessario leggere l’IA come una opzione per aumentare (e non sostituire) il potenziale umano. In qualche modo occorre immaginare che uomini e macchine collaborino e competano tra loro simultaneamente come una squadra di atletica che gareggia in varie competizioni (individuali e non). È pertanto fondamentale che si trovi il giusto bilanciamento tra investimenti in competenze delle persone e in tecnologia. Il terzo e ultimo presupposto riguarda invece il tema dell’evoluzione del sistema delle competenze che maestranze e manager dovranno possedere in termini di analisi dati, conoscenza e comunicazione con gli algoritmi di Intelligenza Artificiale. Si tratta di una sfida rilevante per tutte le geografie, ma assume un potenziale cruciale per l’Italia: a oggi quartultimo Paese in Europa per livello di competenze digitali e ultimo per livello di istruzione.

