di Matteo Martini
Pochi forse hanno prestato attenzione alla ricchezza di temi simbolico-tradizionali che si possono trovare condensati nel ciclo narrativo creato da Frank Herbert a partire dalla metà degli anni ’60 del Novecento.
Questi elementi creano un unicum che influenzerà altre produzioni, ad esempio Star Wars, creando una nuova corrente nel mondo della fantascienza, solitamente dominata dalla mera tecnologia fisico-materiale in un universo sostanzialmente retto da forse fisiche e senza la presenza del Sacro – essendo questa la cifra principale che contraddistingue il genere, del resto collegato storicamente ad esempio con il cosmismo russo, antenato sui generis dell’attuale transumanesimo. Star Wars è infatti un ciclo narrativo che presenta un universo, e popolato da tecnologie avanzate (o meglio perdute, essendo ambientato “tanto tempo fa…”) come la navigazione a curvatura, e d’altra parte è permeato da un campo sottile, la “Forza”, che ricorda il Qi delle dottrine estremo orientali o l’Astrale degli occultisti. In Star Wars del resto è presente una setta o confraternita di iniziati e guerrieri, i Cavalieri Jedi (forse assonanti con i Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo di Dom Martinez De Pasqually), con una loro controparte oscura, sostenitori di forze che potremmo definire contro-iniziatiche. Sembra che in questo sia stato il ciclo di Dune a fungere da ispirazione o quanto meno apripista a certe influenze presenti nella saga di Guerre Stellari (tuttavia, un’esplicita ammissione da parte di George Lucas di una tale influenza non risulterebbe confermata).
La particolarità di Dune, rispetto a quasi ogni altra formulazione precedente del genere fantascientifico, sta nel particolare rapporto con la dimensione sottile e nell’emergere in modo sorprendente di temi di natura esoterico-religiosa, nonché nel rapporto conflittuale con la tecnologia, che pure è fortemente presente e in modo avanzato. A differenza ad esempio del mondo di Asimov, completamente dominato dallo sviluppo tecnologico, nel futuro di Herbert, l’umanità ha vissuto una ribellione e una guerra contro le macchine guidate da una futuribile “intelligenza artificiale”. Questo evento genera la necessità di colmare i vuoti lasciati aperti dalla proibizione di ricorrere a certi supporti tecnologici: l’umanità dovrà quindi fare ricorso allo sviluppo di capacità psichiche e sottili, in certi casi potremmo azzardare anche spirituali) per sopperire a determinate necessità sociali. Si inverte così il rapporto del transumanesimo come ideologia tecnologica ed aspirazione a realizzare con tecnologie materiali e riproducibili determinati ottenimenti che la Tradizione assegnava allo sviluppo di forze sottili, ma solo in determinate circostanze e come esercizio individuale non trasferibile, frutto di un’ascesi non comune. Questo rapporto dell’ideologia transumanista con un’origine esoterico-tradizionale, di cui rimane però la forma invertita, merita una trattazione specifica, per cui non verrà affrontata in questa sede. Per ora ci basta osservare che in tale universo sono state sviluppate determinate conoscenze e tecnologie spirituali o sottili, detenute da gruppo specifici, per sviluppare le capacitò un tempo “gestite” dall’intelligenza automatica dei sistemi informatici.
Tutto questo ha un’origine, nel ciclo narrativo di Dune, intorno agli anni 201-108 B.G. (Before Guilde, prima della fondazione della Gilda spaziale), probabilmente non molto lontano dal nostro tempo, mentre gli eventi narrati nei romanzi si collocano all’incirca nel 26.000 d.C. rispetto alla nostra datazione. In quegli anni, nell’epoca antica prima della fondazione della Gilda, si ha l’evento del Jihad Butleriano – e qui abbiamo già un primo apparire di un lessico religioso. Il Jihad Butleriano è una guerra combattuta contro le “intelligenze artificiali” che controllavano a quel punto molte macchine e apparati. Dalla fine di tale ribellione nascono dei tabù religiosi che impongono di non ricostruire apparati informatici, come nella Bibbia Cattolica Orangista del romanzo che recita:
«Tu non creerai una macchina a somiglianza della mente umana»
Da qui sono nati i Mentat, uomini con superiori capacità logico-matematiche deduttive, in grado di svolgere il lavoro dei computer, le Bene Gesserit e I Navigatori. Questi ultimi sono esseri deformati dal contatto con forme concentrate dell’allucinogena Spezia (proveniente da Arrakis), che hanno sviluppato così una prescienza altamente avanzata che li rende in grado di dirigere le navi per il viaggio iperspaziale. Le Bene Gesserit, sorrellanza di donne addestrate nel potere della Voce e nell’autocontrollo di mente e corpo, incarnano un archetipo facilmente individuabile in molte confraternite iniziatiche, qui tuttavia con un riferimento marcatamente ginecocratico. Il nome è ben chiaro nella sua origine latina (Quamdiu se bene gesserit = “finché si sarà ben comportato”). Queste sono anche implicate, oltre alle loro trame di dominio e controllo nell’equilibrio fra le varie casate dell’Impero, in un progetto segreto a lungo termine che prevede la nascita del Kwisatz Haderach, figura messianica in grado fra l’altro di utilizzare la memoria degli antenati, e di avere una maggiore comprensione delle leggi dell’Universo. Quest’uomo nuovo, di sesso maschile, sarà in grado di piegare il tempo e lo spazio e di disporre di una preveggenza quasi totale, e sarebbe il frutto di secoli di incroci “eugenetici” di linee di sangue controllate segretamente dalla scienza occulta delle Bene Gesserit, attraverso il concubinato di sorelle specificamente addestrate.
I commentatori della serie ritengono che il termine sia tratto dall’ebraico Kfitzat haDérech ( = salto nel cammino), e indichi così un salto nell’evoluzione psichica dell’essere umano. Va sottolineato che si tratta di ebraico moderno, e che un tema del genere non compare nella tradizione cabalistica.
In effetti rivediamo principalmente il tema teosofico della nuova Razza, la Sesta nel nostro caso, all’interno del glossario e dell’orizzonte dottrinale della Teosofia della Blavatksy, in questo elemento.
Gli abitanti Fremen di Arrakis incarnano un messianismo religioso che evidentemente è stato ispirato alla tradizione islamica, a partire dalla lingua (nonché dall’ambientazione desertica del pianeta). Il Lisan al-Gaib da loro atteso è un termine arabo, che potrebbe tradursi con la “Lingua dell’Invisibile”, o la “Voce occultata”. L’occultamento dell’ultimo Imam, come nella tradizione sciita, non può non saltare alla mente, e infatti l’atteso Lisan al-Gaib è chiamato anche Mahdi, esattamente come nell’escatologia musulmana.
Altri riferimenti ad una robusta ispirazione mitico-religiosa dell’Autore si trovano nei nomi di alcune casate di questo Impero simil-feudale che regge i vari sistemi solari: dagli Atreides, che evocano esattamente i mitici Atridi, colonizzatori indoariani dell’Ellade antica, agli Harkonnen, un chiaro riferimenti agli Arconti del mito gnostico.
Ma mentre questi sono semplici rimandi lessicali-evocativi, la struttura generale del contesto narrativo è saldamente imperniata su temi che afferiscono al mondo della Tradizione. Inoltre tutta la storia millenaria che fa da sfondo all’intreccio rimanda a una futuro possibile in cui l’umanità, sia pure tecnologicamente avanzata, ha proibito determinate tecnologie e ha invece potenziato lo sviluppo psichico e in parte spirituale, in una sorta di “archeo-futurismo” esoterico.
Una sfida culturale e una provocazione narrativa, lanciata sessanta e più anni or sono, e attualissima oggi, nel momento in cui gli ideologi delle elite occidentali hanno invece abbracciato la deriva titanica, come quella degli antichi atlantidei, di aspirare a sostituire il poter spirituale con un suo sostituto temporaneo-temporale basato sulla tecnica fisica.
Potremmo anche dire di più, ma credo che l’essenziale sia stato già tracciato…
Matteo Martini

