di Giorgio Massara
L’Arte della Fuga si esegue nel tempo, che è una “dimensione”. Ma nel penetrare qui, gli Dei-Note archetipici, si rovesciano, come in uno specchio. Obbligati alla realizzazione temporale delle loro essenze, tenteranno, tuttavia, il ritorno, volgendo i loro passi e ritmi all’indietro, al ritorno, con l’aiuto della rotazione dello Swastika Levogiro del Ritorno.
È così nel Canone alla Dodicesima dell’Arte della Fuga, in cui Bach introduce discretamente il suo nome (la sua firma e rubrica) formato da quattro motivi strategici (Lui, lei; Lei, lui; Re,fa; Mi,do: B-A-C-H).
Sì, l’Arte della Fuga è composta in uno Specchio ed è una concezione ciclica, come lo fu il Credo della Messa in Si Minore. E’ ‘Musica Infinita’, che non ha inizio né termine; concepita, inoltre non per essere eseguita con strumenti materiali, ma dalla Mente ed ascoltata con La mente. L’opera intera è un monumentale intento di totalizzazione, di ‘individuazione’, ed è il racconto sublime della partizione e della ricerca del recupero della totalità perduta, alla fine di una vita, di una Ronda e di un’incarnazione della Divinità. Con i quattro motivi liberi che Bach ha introdotto alla fine, tutto deve restare incompiuto qui, poiché si passa all’altro lato dello Specchio, dove di nuovo si sta al rovescio e, forse, lui ‘esce’ per sempre (e se così fosse, si dovrà di nuovo cominciare in un’altra Ronda, forse da qualche altro, forse da me…). Quei quattro motivi dovranno essere combinati con il motivo principale, che si ripete in fughe e canoni, dal principio temporale. Ma Bach muore in quel momento, lasciandoci il racconto incompiuto di una ricerca e di una guerra divina. È la nostalgia di LUILEI e di LEILUI, dell’universo di Iperborea, del Raggio Verde, e l’impossibilità di recuperarli ormai…
(Miguel Serrano – Manu pp. 72-74)

