LA MEDITAZIONE PROFONDA

di Luca Rudra Vincenzini

Come facevano nel passato mistici ed iniziati d’alto rango ad attrarre praticanti per la meditazione profonda?

Il metodo è molto “semplice”, conosciuto come śakti-nipāta (discesa della potenza) nel tantraśaiva e come trasmissione della mente o mente specchio (pratibimba-manaḥ) nel Buddhismo Mahāyāna, soprattutto Chan e Zen. L’iniziato d’alto rango portava l’allievo, con buona approssimazione attraverso l’uso spontaneo dei neuroni specchio e per un tempo più o meno lungo, nello stato naturale della meditazione profonda: intima natura (svabhāva), mente di Buddha (tathāgatagarbha), chiara luce (prabasvāra). Una volta lì, il discepolo si sentiva uno con l’essenza della realtà (samarasa o ekarasa), praticamente arrivato alla meta. Lo stato indotto però non era definitivo, i karma irrisolti del neofita lo rendevano transitorio, a quel punto il maestro interrompeva la trasmissione della mente e l’allievo ripiombava nell’ordinario. Alla faccia basita di esso/a, come a dire:”e adesso, cosa succede?”. Probabilmente il maestro rideva con una luce particolare negli occhi come a dire:”e adesso buona pratica…”.

LA MEDITAZIONE PROFONDA
LA MEDITAZIONE PROFONDA

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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