di Luca Rudra Vincenzini
“La madre universale generatrice di tutti i mantra e tutti i tantra va dalla a (अ) alla kṣa (क्ष)”, Kṣemarāja commento allo Svacchandatantra.
Il mantroddhāra è l’arte di creare un mantra, rispettando dei canoni sillabici (numero e cronologia delle lettere in base alla funzione) ed evitando che abbia difetti (mantradoṣa).
I mantra devono essere identificati per: suono (vācaka), posizione sul corpo (nyāsa), divinità (devatā), estrazione (uddhāra, ossia metodo di composizione), significato (vacana, non sempre c’è) e scopo (artha).
Si dividono in base al loro potere (saṁskāra): illuminante (dīpana), risvegliante (bodhana), tamburellante (tādana), scintillante (abhiṣecana), purificante (vimālikaraṇa), carburante (indhananiveśana), saziante (saṃtarpaṇa), nascondente (guptibhāva) e rafforzante (āpyāyana).
In base alla funzione portano con sé, oltre al praṇava (oṁ), i bīja, i mantra radice delle divinità, e formule aggiuntive che ne rafforzano l’intento (sankalpa): offerta agli Dèi ed agli antenati (vauṣaṭ), comando (paṭh), schermo (kavach), omaggio (namaḥ), giubilo (svāhā).
Se il mantra rispetta certi canoni, allora, è cosciente (caitanya), altrimenti è morto ed inefficace (supta). Tra i mantra purificanti ci sono quelli che innalzano la temperatura e dispiegano la kuṇḍalinī, questi sono detti fiammeggianti (jyotirmantra). Di fatto un mantra va ripetuto costantemente al fine di essere padroneggiato (puraścaraṇa) e ciò non avviene se non è pronunciato a dovere (vidhānena mantroccaraṇam).
Ora per tutti questi motivi ricevere un mantra da un maestro qualificato o addirittura in sogno (tandrā) è molto più salutare che prenderlo da internet…

