LA SCELTA RELIGIOSA TAOISTA

di Vincenzo Di Ieso

In un mondo dominato da valori laici, scientisti e utilitaristici, la scelta religiosa può apparire quanto meno anacronistica. Specialmente se la scelta è fatta verso religioni lontane dalla mentalità e dalla cultura corrente, come il Taoismo.

Le critiche alla fede sono una storia antica quanto il pensiero umano e non penso certo di risolvere questa dialettica qui perché è semplicemente impossibile.

D’altra parte, ho il diritto all’autodeterminazione del progetto della mia vita ma anche il dovere di difendere la mia scelta. Perché è la mia e sono pronto a pagare il costo, anche se in realtà non mi costa. Al contrario sono felice nel farla. È vero che ogni scelta comporta guadagni e rinunce. È logico che ogni scelta sia la morte per tutte le altre possibili. La mia esperienza di vita mi ha, però, insegnato che una scelta vera in realtà non costa nulla, non fa perdere nulla. Perdere è sentire la mancanza ma se non la senti, qual è la perdita?

Da ragazzo trascorrevo i miei pomeriggi nelle biblioteche mentre i miei amici si riunivano nelle varie comitive per divertirsi. Certo scegliere lo studio mi comportava rinunciare al divertimento e a stare con loro. In realtà il mio divertimento era lo studio, per cui non ne ho mai sentita la mancanza. Era un costo che pagavo senza battere ciglio perché il loro tipo di divertimento non era un valore per me.

Lo stesso è avvenuto per la mia scelta religiosa.

Nel momento in cui l’ho fatta, ho tracciato un solco che ha delimitato ciò che, per me, è sacro o profano. È una scelta così soggettiva da essere incomprensibile per chiunque altro.

Come ogni scelta decisiva della vita, essa parte da motivazioni e bisogni di risposte che si trovano nel cuore. Non nella mente. Per questo, giustificarla razionalmente, è una battaglia persa in partenza.

Abbiamo, però, relazioni umane e viviamo in ambienti laici che possono criticare la nostra scelta religiosa. È inevitabile. È successo a me e avverrà a chiunque altro vada controcorrente rispetto all’ordinario. Ecco dunque la necessità di queste riflessioni.

Per il principio d’indeterminazione, la ripetizione di uno stesso atto non potrà produrre lo stesso, perfettamente identico, risultato. Ogni nostro atto è dunque unico; come unico, è il nostro percepirci interiormente, che, tra l’altro, muta continuamente nello spazio-tempo.

Per questo nessuno può arrogarsi il possesso della verità assoluta per valutare le scelte di un’altra persona. Sempre che non pensi che il modello valutativo nelle sue mani sia intoccabile, immutabile, eterno e perfetto. Sappiamo benissimo che questi modelli sono ideali e che essi sono determinati e variano con le necessità delle varie epoche, con le mode e persino con gli interessi degli individui.

Ritenere assoluto un modello è un atto di fede, cioè un atto totalmente irrazionale. Se la premessa è ritenere vero solo ciò che sia materiale e razionale, solo ciò che non contraddice le premesse o peggio le attese, allora la fede è irrazionale.

La fede è irrazionale ma è logica nella sua scelta.

Fede e logica costituiscono un ossimoro ma solo virtuale. Fede è credere in un qualcosa che percepisco io. Se lo percepisco, non posso negarlo. Quindi, è logico che io abbia fede nel mio percepire.

Com’è razionale e logico io dica che nessuno ha il diritto di negare un mio sentire.

Cerco di spiegarmi meglio.

È indubbio che la valutazione di qualsiasi cosa possa essere fatta solo per comparazione, però, quest’ultima presuppone dati simili, in soggetti/oggetti simili, in una percentuale altissima.

Un cane, un gatto, una mucca e un delfino, sono tutti mammiferi. Ma chi è il mammifero più bello?

Ovviamente non c’è risposta a questa domanda e la scelta avverrà, unicamente, in base al “significante per me”.

Ovvero in base a un valore preferenziale, dovuto a una mia psico-percezione-elaborazione, atto assolutamente soggettivo, che determinerà la mia scelta.

E se anche la comparazione avvenisse, ad esempio, unicamente tra due cani della stessa razza, sesso, età e struttura, nessuno potrebbe dire qual è il più bello senza avere un modello preconfezionato e stigmatizzato, con il quale dare un valore estetico.

Ciascuno dei due cani sarà, però, il più bello per i rispettivi padroni.

Credo che su questo siamo tutti d’accordo.

Allora mi chiedo perché taluni si ergono a scientisti centro-cefali e auto-referenziati, quali giudici delle scelte altrui? Si imballano e cercano di trascinare in una discussione, vecchia quanto l’umanità, che non prevede, né presuppone, un punto di convergenza o, se preferite, di conversione, tra chi ha fede e chi non ce l’ha.

Non si può spiegare perché uno ha fede con categorie cognitive logiche o addirittura meccanicistiche, peraltro estranee alle motivazioni di chi ha fede.

Non è possibile semplicemente perché la fede è un “sentire” che appartiene esclusivamente alla persona.

Come può qualcuno che non ha questo “sentire”, giudicare stupido chi dice di averlo?

Ovviamente non mi riferisco alla fede quale mero risultato di un indottrinamento o a quella di sterile partecipazione sociale della domenica, del sabato o del venerdì. Mi riferisco a una scelta consapevole che è fatta perché si è sentito un “qualcosa” dentro.

Si è avuta una “vocazione”. Ci si è sentiti chiamare.

Da cui inizia il viaggio e la scoperta di questo “qualcosa” che ha valore unicamente per la persona e non certo per chi quella persona non è. L’altro da sé non potrà mai capire il Sé dell’altro. A meno di avere uno stesso “sentire”.

Avere fede, è essere fedeli a un qualcuno, a un qualcosa o a niente.

Ma anche non essere fedele a niente e a nessuno, è pur sempre una fede.

Peraltro, si può negare l’esistenza di qualcosa perché se ne è fatta l’esperienza.

Come si può negare l’esistenza di un qualcosa che non si conosce?

Ad esempio, tutti presero per pazzo Marco Polo perché non avevano fatto la sua esperienza.

La negazione a priori di un qualcosa ritenuto inesistente, di cui non se ne è fatta esperienza, non è forse la morte della razionalità?

Come si può parlare di una cosa che non si conosce?

Ad esempio: anche un ateo, per potersi definire tale, si è dovuto confrontare con il problema di Dio.

Non c’è dubbio che prima di poterlo negare, si è dovuto confrontare e solo in seguito ha fatto una scelta tra le due opzioni possibili. Per questo anche l’ateo non può sfuggire al problema di Dio.

Infine consentitemi un pizzico di autodeterminazione.

Chi può dire che le mie esperienze mistiche non sono vere e per questo affermare che io sia un asociale, un ignorante o non sano mentalmente?

Io posso credere negli spiriti perché sono parte della mia esperienza, pur essendo anche uno scienziato, quale mi ritengo per formazione e professione.

In fondo anche la non-fede è una fede perché è fedele a un presupposto-negazionista. O no?

Chi ha fede e chi non ce l’ha, non dovrebbero perdere tempo a giustificare le proprie convinzioni o a denigrare quelle altrui. Lasciamo che ciascuno creda oppure no.

Questo non cambia la cosa fondamentale: siamo parte della stessa umanità.

Al mondo c’è posto per tutti e possiamo vivere in armonia rispettando, pur non condividendo, l’altro da come sono io.

Per finire vi racconto una storia.

Due pulci salgono sul dorso di un cane. Fanno a gara per scegliersi il pelo migliore. Una delle due arriva per prima e si aggrappa a un pelo. L’altra dice che lo aveva già visto e scelto per prima, per cui era suo. Al che la collega dice che è di sua proprietà perché l’ha occupato già. Così iniziano a litigare per stabilire quale delle due abbia ragione e a chi debba appartenere il pelo. Ben presto dallo scontro verbale passano alle vie di fatto e cominciano a picchiarsi e a rotolare, fino a cadere dal dorso del cane, il quale, tranquillo, continua il suo cammino.

(© Fonte: Vincenzo di Ieso, Non conosco il Suo Nome, ed. Amazon, 2023)

LA SCELTA RELIGIOSA TAOISTA
LA SCELTA RELIGIOSA TAOISTA

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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