L’ASTINENZA DA EBREZZA

a cura di Giuseppe Aiello

Il rapporto dell’uomo con l’ebbrezza è della massima importanza, ed è giusto che l’educazione e la legislazione se ne occupino approfonditamente. In questo ambito si trova una tavolozza arcobaleno, dal divieto assoluto, attraverso gradi di restrizione, fino all’accettazione o addirittura alla promozione dell’intossicazione. La varietà dei motivi confonde ancora di più il quadro.

L’astinenza del tardo protestantesimo nordamericano o degli stati nordici è diversa dalla proibizione dell’alcol da parte dell’Islam. Maometto stesso fu esemplare dello spirito aperto al sopravvenire senza bisogno di mezzi artificiali. Fa a meno del vino così come Sant’Antonio. I dervisci raggiungono stati estatici attraverso il puro movimento. In effetti, la danza è un mezzo collaudato per entrare in stati di essere oltre se stessi.

L’Esercito della Salvezza e l’Islam praticano la stessa astinenza, ma mentre il primo nasce da una carenza, il secondo affonda le sue radici nell’abbondanza. Hebbel lo ha capito bene nella sua poesia “Die Odaliske”.

—Ernst Jünger, Approcci: droghe e stati alterati (1970) – immagine: Folio del divano di Hafiz di Bihzad (1480 circa).

L'ASTINENZA DA EBREZZA
L’ASTINENZA DA EBREZZA

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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