di Luca Rudra Vincenzini
मध्यविकासाच्चिदानन्दलाभः
madhyavikāsāccidānandalābhaḥ
“[Attraverso] il dispiegamento (espansione/dischiudimento, vikāsāt) del centro (madhya) si ottiene (lābhaḥ) la beatitudine della coscienza (cidānanda)”, Pratyabhijñāhṛdayam, Kṣemarāja (Rudra).
La mente è: coscienza, percezione, comprensione, identificazione, creazione e distruzione. Il perno di tutte le funzioni illusorie ruota attorno al potere identificativo, qualsiasi cosa vede, la mente vi si proietta dentro, causando ebrezza nel caso sia piacevole (rāga) e disgusto nel caso non lo sia (dveṣa). Se la mente non è allenata, l’atto identificativo è immediato, non c’è spazio tra la coscienza di sé (aham) e la coscienza dell’altro da sé (idam). La meditazione insegna a coltivare proprio questo spazio, a nutrirlo, a riconoscerlo, ad apprezzarlo e custodirlo. Quando si prende coscienza di ciò, si riesce con agio a sentire l’altro senza esserne portati via; si riesce a fruire di una emozione senza venirne consumati; si riesce a osservare un pensiero senza essere trascinati dai successivi. Nel mezzo (madhya) c’è libertà, quel mezzo però nel tantrismo non è da intendersi come l’isolamento (kaivalya) del Sāṃkhya, delle Upaniṣad o di Śaṅkara, quel mezzo non è fuga dalla realtà, bensì accettazione delle variabili, senza la perdita di consapevolezza di essere il grembo cosciente che le sperimenta.
“Dove un pensiero è passato e l’altro non è ancora sorto, quella è la Coscienza, quella è la Libertà, quello è il tuo luogo interiore, la tua stessa dimora”, Papaji.

