di Luca Fiore
Gaetano Salvemini, storico, politico e meridionalista pugliese, nato nel 1873 a Molfetta, è una figura di grande rilevanza nella storia del pensiero politico italiano. Il suo pensiero socialista, fortemente incentrato sulla questione meridionale, rimane attuale per la sua visione critica dello squilibrio economico e sociale tra Nord e Sud Italia. Salvemini non si limitò a denunciare l’arretratezza del Mezzogiorno, ma propose soluzioni concrete e sistematiche, che ancora oggi, nell’epoca delle discussioni su federalismo e autonomia differenziata, assumono una sorprendente rilevanza.
Un socialista federalista
Gaetano Salvemini aderì al Partito Socialista Italiano e si avvicinò alla corrente meridionalista, collaborando dal 1897 con la rivista Critica Sociale. Fin dall’inizio, si distinse come convinto sostenitore del suffragio universale e del federalismo, che riteneva l’unica soluzione alla questione meridionale. Cercò di orientare il movimento socialista verso posizioni favorevoli al Mezzogiorno, sottolineando l’importanza di un’alleanza tra i lavoratori del Nord e i contadini del Sud. Salvemini si batté anche per l’abolizione del protezionismo e delle tariffe doganali statali, che avvantaggiavano le industrie privilegiate e penalizzavano i consumatori. Propose inoltre la creazione di una piccola proprietà contadina come mezzo per superare il sistema dei latifondi.
Nel suo libro “Il ministro della mala vita” (1910), Salvemini denunciò la corruzione politica e le gravi responsabilità di Giovanni Giolitti, in particolare nel caso della Banca Romana. Come esponente della corrente meridionalista all’interno del PSI, si scontrò con la fazione maggioritaria, guidata da Filippo Turati, aprendo un vivace dibattito all’interno del partito su queste questioni.
Il Meridionalismo di Salvemini
Il meridionalismo di Salvemini si fondava su un’analisi precisa delle dinamiche economiche e sociali che contribuivano all’arretratezza del Sud. Criticava duramente la classe dirigente meridionale, accusandola di essere complice di un sistema parassitario e arretrato, incapace di promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Allo stesso tempo, Salvemini puntava il dito contro lo Stato centrale, che aveva concentrato risorse e investimenti al Nord, lasciando il Sud in una condizione di marginalità.
Salvemini sosteneva che la questione meridionale non fosse solo una questione economica, ma anche politica. Egli propose un federalismo autentico, che avrebbe permesso al Sud di svilupparsi attraverso una maggiore autonomia decisionale e la gestione diretta delle risorse locali. Tuttavia, la sua idea di federalismo non era una forma di separazione tra Nord e Sud, bensì una strategia per promuovere una reale e più equa unità nazionale.
Il Federalismo nel pensiero di Salvemini
L’idea di federalismo di Salvemini nasce dalla sua convinzione che il centralismo dello Stato unitario fosse una delle cause principali della disparità economica e sociale tra Nord e Sud. Egli riteneva che un sistema federale avrebbe favorito una maggiore responsabilità delle amministrazioni locali e una gestione più efficiente delle risorse. Per Salvemini, il federalismo doveva garantire sia la coesione nazionale che l’autonomia delle diverse regioni, in modo da affrontare le specificità territoriali senza creare divisioni interne.
Salvemini era però attento a distinguere tra federalismo e frammentazione. La sua idea di federalismo non implicava una divisione netta tra Nord e Sud, né una devoluzione indiscriminata di poteri alle regioni senza un sistema di controllo. Al contrario, per lui, il federalismo doveva essere uno strumento per garantire un equilibrio di poteri, in cui le regioni potessero esercitare un’autonomia controllata, all’interno di un quadro nazionale che preservasse l’unità dello Stato.
L’Attualità del pensiero di Salvemini su Federalismo e Autonomia Differenziata
Le discussioni contemporanee sull’autonomia differenziata, che vedono alcune regioni italiane, soprattutto del Nord, spingere per una maggiore indipendenza nella gestione di settori cruciali come sanità, istruzione e infrastrutture, trovano un eco profondo nel pensiero di Salvemini. La sua preoccupazione per l’unità nazionale, unita alla necessità di riconoscere le specificità locali, sembra oggi più attuale che mai.
Salvemini avrebbe probabilmente guardato con sospetto all’attuale dibattito sull’autonomia differenziata, temendo che una maggiore autonomia per le regioni più ricche potesse ampliare ulteriormente il divario con il Mezzogiorno. Le regioni settentrionali, già avvantaggiate da una base economica e infrastrutturale più solida, rischiano di rafforzare la loro posizione a scapito delle regioni meridionali, che continuano a soffrire di carenze croniche in termini di risorse ed investimenti. Il pensiero salveminiano suggerisce quindi che, prima di procedere verso una maggiore autonomia, sarebbe necessario un riequilibrio sostanziale delle condizioni di partenza tra le regioni.
Salvemini e la critica all’Autonomia Differenziata
Salvemini aveva individuato uno dei principali pericoli del federalismo in un utilizzo distorto dell’autonomia regionale, che avrebbe potuto portare a una frammentazione del paese. Egli temeva che le regioni più forti potessero approfittare di un sistema autonomistico per consolidare i propri privilegi, lasciando indietro le aree più deboli. In questo senso, le sue preoccupazioni possono essere viste come una critica ante litteram all’attuale progetto di autonomia differenziata, che rischia di accentuare le disuguaglianze territoriali.
Le sue parole appaiono profetiche se confrontate con la situazione attuale, dove alcune regioni, come Lombardia e Veneto, richiedono maggiore autonomia per gestire in modo più diretto le proprie risorse. Salvemini, però, avrebbe sottolineato l’importanza di un federalismo che non creasse cittadini di serie A e di serie B. Per lui, l’autonomia doveva servire a ridurre il divario Nord-Sud, non a rafforzarlo.
Conclusioni
Il pensiero politico di Gaetano Salvemini sul meridionalismo, il federalismo e l’autonomia differenziata risulta sorprendentemente attuale nel contesto politico contemporaneo. Le sue critiche al centralismo e la sua proposta di un federalismo autentico, capace di coniugare autonomia e coesione nazionale, offrono spunti preziosi per affrontare i dibattiti odierni sulla riforma dello Stato italiano.
In un momento storico in cui l’autonomia differenziata rischia di accentuare le fratture già esistenti tra Nord e Sud, il messaggio di Salvemini rimane un monito: l’autonomia deve essere uno strumento di uguaglianza, non di divisione. Solo attraverso un federalismo equo, capace di bilanciare le differenze territoriali, si potrà garantire un futuro di coesione e sviluppo per l’intera nazione.

