di Luca Rudra Vincenzini
Il tantrismo indiano contro Patañjali.
Un caro saluto agli amici innamorati degli Yogasūtra, saranno accettati di buon grado solo commenti educati e ben calibrati a livello argomentativo, gli altri saranno cancellati, sino al limite del blocco dell’autore facinoroso. Un caldo abbraccio a tutti/e!.
“Gli asini che girano nudi, i maiali che si sporcano con la terra, le rane che vivono sulla riva dei fiumi possono essere considerati asceti?”, Kulārṇavatantram.
La critica agli ascetismi circensi è tema centrale del tantrismo, soprattutto nella raffinatissima estetica del Kāśmīr. Abhinava criticò aspramente anche il sistema di Patañjali (ci andò giù pesante).
“Tra i vari aṅga dello yoga, l’unico che può concedere la liberazione è tarka (intelletto/ragione)… gli aṅga (degli yogasūtra) non sono di alcuna utilità nella coscienza (al fine di mokṣa), sono semplici manifestazioni esteriori… una volta che il sole (sangue/ārtava in piṅgalā) e la luna (seme/bindu in iḍā), grazie ad una costante soluzione della mente in Śiva, si sono disciolti, il fuoco (agni in suṣumṇā) della coscienza giunge alla 12 dimora (dvādaśānta), solo allora si può parlare di liberazione”, Tantrāloka, Abhinavagupta.
Il motivo di questa inutilità (anupayoga) è semplice e ben argomentato:
1) le pratiche yogiche al massimo condizionano il corpo, rendendolo agile ed elastico ma non procurano la liberazione (mokṣa), anzi la pratica può innescare nuovi attaccamenti (ego);
2) tutto ciò che è accidentale, ovvero esterno alla coscienza, per così dire di superficie, non permette di fare esperienza delle profondità della mente (si rimane nel galleggiamento di superficie);
3) tarka (intelletto/ragione) consente di percepire le verità rivelate negli āgama, in primis la non-dualità, e farne esperienza, senza quell’esperienza non c’è trasformazione. Solo l’esperienza del centro (madhya) è trasformativa, tutto ciò che è periferia non plasma la mente, bensì ne cambia solo le fattezze.
Toccato anche fugacemente il fulcro della coscienza (attraverso un’intuizione/prātibha e per grazia/anugraha), sarà esso ad operare il miracolo della trasformazione non certo le pratiche esteriori.
Questo perché:”quanto è radicato interiormente nella coscienza può essere trasmesso attraverso di essa al soffio vitale, al corpo o alla mente grazie all’esercizio, ma non certo il contrario…”, Tantrāloka, Abhinavagupta.

