di Mario Lettieri e Paolo Raimondi
I paesi Brics di Brasile, India e Sudafrica hanno restituito ai creditori esteri 49 miliardi di dollari più del ricevuto
In un momento di grave crisi nei rapporti internazionali esplosa con i conflitti in Ucraina e in Palestina, la 79.ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è concentrata sui crescenti rischi di una guerra globale. Nel contesto dell’Assemblea, per la prima volta, si è tenuto anche un summit del G20. Insieme agli appelli per un processo di pace, i paesi emergenti hanno sostenuto la necessità di un forte multilateralismo, di una profonda revisione delle Nazioni Unite e di una riforma dell’architettura economica, finanziaria e commerciale globale. Non a caso al riguardo si sono pronunciati soprattutto i tre membri fondatori dei Brics, Brasile, India e Sudafrica, Il brasiliano Lula da Silva, attuale presidente del G20, è stato il più chiaro. «Non siamo stati capaci di rispondere alle crisi globali perché abbiamo scambiato il multilateralismo con le azioni unilaterali e con accordi di esclusione», ha affermato.
Lula: il Sud del mondo deve stare dove si decide
«Se i paesi ricchi desiderano avere il sostegno del mondo in via di sviluppo per affrontare le molteplici crisi del nostro tempo, il Sud del mondo deve essere pienamente rappresentato nei principali forum decisionali», aggiungendo che«la prima cosa è l’eliminazione del carattere fortemente regressivo dell’architettura finanziaria internazionale». In merito Lula sostiene che i tassi d’interesse imposti ai paesi del Sud del mondo sono molto più alti di quelli applicati alle nazioni sviluppate. I paesi africani prendono in prestito a tassi fino a otto volte superiori di quelli della Germania e quattro volte superiori di quelli degli Stati Uniti.
Un piano Marshall al contrario
Il livello del debito strangola qualsiasi investimento in infrastrutture, in benessere e sostenibilità. Nel 2022, la differenza tra gli importi pagati dal mondo in via di sviluppo ai creditori esteri e quelli ricevuti è stata di 49 miliardi di dollari. «È un piano Marshall al contrario, in cui i più poveri finanziano i più ricchi», ha sentenziato il presidente brasiliano.
Mentre gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu sono in ritardo, le 150 più grandi aziende del mondo hanno guadagnato 1.800 miliardi di dollari negli ultimi due anni. Dall’inizio di questo decennio le fortune dei primi cinque miliardari del pianeta sono più che raddoppiate, mentre il 60% dellumanità è diventato più povero.
In sintesi, le istituzioni nate a Bretton Woods ignorano le priorità e le esigenze del mondo in via di sviluppo.
La spesa militare globale è aumentata per il nono anno consecutivo, raggiungendo i 2.400 miliardi di dollari, ma i fondi per la lotta alla povertà sono diminuiti, tanto che il 9% della popolazione mondiale, cioè 733 milioni di persone, è denutrita.
Il presidente indiano Narendra Modi, in rappresentanza della più grande democrazia del mondo, ha sottolineato che «il successo dell’umanità risiede nella nostra forza collettiva, non nel campo di battaglia. Le riforme delle istituzioni globali sono essenziali per la pace e lo sviluppo globale». Ha ricordato che l’adesione permanente nel G20 dell’Unione Africana è stata ottenuta al Summit di Nuova Delhi . Un passo importante nella riforma del sistema globale.
Il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa ha significativamente affermato la centralità delle Nazioni Unite, richiedendone una sua profonda riforma. Per esempio, il Consiglio di sicurezza dell’Onu, sorto 78 anni fa, non è mai cambiato, escludendo l’Africa dalle principali strutture decisionali. L’esclusione dell’Africa e dell’America Latina ci sembra un retaggio del dominio coloniale del passato.
Ramaphosa ha detto che «il Sudafrica sostiene l’appello del Segretario generale dell’Onu anche per la riforma dell’architettura finanziaria globale per consentire ai paesi di sollevarsi dalle sabbie mobili del debito». Nel 2025 il Sudafrica assumerà la presidenza del G20 e intende portare avanti queste istanze.
Quando l’Onu fu creato c’erano 51 paesi oggi ne fanno parte 193. Il mondo è cambiato e Lula ha posto la sfida: «Non possiamo aspettare che accada un’altra tragedia mondiale, come la seconda guerra mondiale, e solo allora costruire una nuova governance globale sulle sue macerie». Il futuro dipende dalla nostra capacità di trasformare le parole in azioni e il multilateralismo e la giustizia sociale e ambientale sono i pilastri centrali per costruire un mondo più equilibrato e sostenibile.
Tratto da: Italia Oggi

