di Giada Aghi
Essere mamma è un’esperienza unica e straordinaria, ma non mancano le sfide che vanno ben oltre il semplice ruolo materno. Una delle difficoltà più grandi non è solo prendersi cura di un neonato, ma anche affrontare il mondo esterno, le persone che, senza esitazione, sembrano sapere meglio di te cosa è giusto per tuo figlio.
Ti dicono come dovresti nutrirlo, con cosa dovrebbe giocare, quali regole educative seguire. Spesso credono di conoscere la strada giusta, quella che tu, come madre, non riesci a vedere. E poi c’è la loro insistenza: “Bisogna uscire di casa”, “Devi farlo socializzare”, “Portalo qui o lì”, senza curarsi di quanto possa essere stressante per un neonato affrontare viaggi e spostamenti solo per soddisfare la loro esigenza di vederlo.
Questo è il peso più grande: dover sopportare il loro egoismo, la loro continua intrusione nelle tue decisioni, i loro consigli non richiesti che mettono in discussione il tuo essere madre.
Quello che davvero servirebbe da parte delle persone intorno a noi, familiari inclusi, è un po’ più di empatia. Invece di insistere su questioni che non li riguardano, dovrebbero cercare di mettersi nei panni del bambino, riconoscendo che non è un bambolotto che riempie le loro giornate per il loro divertimento.
Il bimbo ha bisogno di figure di riferimento che siano un esempio positivo, che parlino con gentilezza e calma, che mostrino comportamenti rispettosi e amorevoli… In linea con l’educazione della mamma!
Insegnare ad esempio le parolacce o atteggiamenti maleducati non è un aiuto, anzi, compromette la sua crescita e la sua educazione…
Pretendere che sia un neonato a doversi adattare alla vita dell’ adulto, anziché il contrario…secondo voi, vuole dire essere maturi?
La verità è che ogni mamma conosce meglio di chiunque altro cosa è meglio per il proprio bambino. E, talvolta, la sfida più grande non è il prendersi cura del piccolo ma è trovare il coraggio di mettere al proprio posto tutte queste persone e continuare a seguire il proprio istinto, senza giustificazioni.
Tratto da: Medicina della Psiche

