TAIWAN CON LA CINA E IL MONDO IN BILICO: LA GUERRA DEL XXI SECOLO PASSA PER I CHIP

di Giuliano Noci

Viviamo in un mondo in cui la tecnologia non è solo il motore dell’economia globale, ma anche il cuore pulsante della politica internazionale. I semiconduttori, i minuscoli chip che alimentano smartphone, computer, automobili e dispositivi di intelligenza artificiale, sono il nuovo oro nero. E Taiwan, che produce circa l’80% dei chip avanzati globali, si trova al centro di questa crisi globale, minacciata da una Cina sempre più aggressiva e osservata da un Occidente preoccupato, ma strategicamente incerto. La crescente tensione tra Cina e Taiwan non è una semplice ruggine tra vicini. Non si tratta solo di orgoglio nazionale o di dispute territoriali. Qui si gioca una partita ben più grande, una partita che rischia di tracciare i confini del potere nel XXI secolo. La domanda da porsi, però, non è se stia per scoppiare la terza guerra mondiale, ma piuttosto “come” sarà combattuta e “chi” ne uscirà vincitore. Il controllo di Taiwan non riguarda solo il prestigio della Cina o la sua ambizione di “riunificare” una provincia ribelle. Riguarda il futuro della tecnologia globale. Con il mondo dipendente da Taiwan per i semiconduttori, un’interruzione della produzione dell’isola non causerebbe solo un rallentamento delle economie: significherebbe il blocco dei settori vitali, dalla produzione automobilistica allo sviluppo di tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale e la robotica. E in un’economia mondiale sempre più basata sulla digitalizzazione, l’interruzione della filiera dei chip sarebbe devastante. La Cina lo sa bene. Ecco perché non ha bisogno di premere il grilletto subito. Le esercitazioni militari intorno all’isola, descritte come una “strategia dell’anaconda”, sono un chiaro messaggio: Pechino può strangolare Taiwan senza nemmeno invaderla. Un embargo, una pressione economica mirata, un accerchiamento commerciale potrebbero paralizzare l’isola molto più efficacemente di un’invasione militare. La Cina vuole soffocare Taiwan lentamente, per convincerla a cedere, senza compromettere le relazioni con l’Occidente da cui dipende ancora economicamente.

Mentre Stati Uniti e Cina si preparano a un confronto che potrebbe riscrivere gli equilibri globali, l’Europa assiste impotente. È inutile nasconderlo: il Vecchio Continente è marginale. Dipendente dai semiconduttori taiwanesi e dalle tecnologie americane, investe briciole rispetto ai due giganti nelle tecnologie avanzate, rischiando di essere la prima vittima di un eventuale blocco della produzione a Taiwan. L’Europa non è solo debole, è inerme. Non ha una capacità autonoma di produzione di semiconduttori, e il ritardo negli investimenti in intelligenza artificiale e altre tecnologie strategiche la rende estremamente vulnerabile. In un mondo in cui la tecnologia è il nuovo campo di battaglia, l’Europa rischia di essere travolta senza nemmeno accorgersene. L’assenza di un piano strategico per ridurre la dipendenza tecnologica dall’esterno la rende spettatore impotente di una guerra che potrebbe decidere il suo destino. La vera domanda, infatti, non è se la terza guerra mondiale scoppierà a Taiwan. La domanda è se il conflitto per il controllo della tecnologia e delle risorse digitali prenderà la forma di una guerra calda o di una competizione sempre più serrata tra le potenze mondiali. La Cina non ha fretta: sta investendo miliardi nella produzione di chip fotonici, la prossima generazione di semiconduttori e punta all’autosufficienza. Gli Stati Uniti cercano di limitare la dipendenza da Taiwan, ma sono ancora lontani dall’ottenere una piena indipendenza tecnologica. E l’Europa, per ora, rimane nella sua marginalità strategica. La guerra del XXI secolo potrebbe non essere combattuta con carri armati e missili, ma con chip e algoritmi. Taiwan è la polveriera di questa nuova era. E non sarà un attentato a Sarajevo a far scoppiare il conflitto, ma il controllo delle risorse che alimentano il futuro tecnologico del mondo.

Gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere Taiwan. Non solo perché significherebbe un colpo mortale alla loro credibilità come potenza globale, ma perché sarebbe come cedere il dominio tecnologico del futuro alla Cina. Washington ha ripetuto a più riprese il suo sostegno a Taipei, ma la verità è che si trova in una posizione estremamente delicata. Un intervento militare diretto sarebbe un disastro, con conseguenze incalcolabili, mentre lasciare che la Cina prenda il controllo dell’isola significherebbe accettare la fine della supremazia americana nel Pacifico e, in definitiva, nel mondo. Questa incertezza si riflette in tutte le mosse degli Stati Uniti nell’area Asia-Pacifico. Da un lato, Washington rafforza le sue alleanze con Giappone, Corea del Sud e Australia, e promuove iniziative come il “Quad” con India e Australia per contenere l’espansione cinese. Dall’altro, cerca di evitare uno scontro diretto che potrebbe sfociare in un conflitto devastante. Il margine di manovra si sta assottigliando e il Pacifico potrebbe presto diventare il teatro di una nuova Guerra Fredda. Ma se Pechino ha le armi in pugno, perché non agisce? La risposta è più semplice di quanto sembri: la Cina è in un momento di fragilità economica. La sua crescita rallenta, la popolazione invecchia e il pessimismo serpeggia tra i cittadini, stanchi di promesse di prosperità non mantenute. Xi Jinping sa che un conflitto con Taiwan potrebbe unire temporaneamente il Paese contro un nemico esterno, ma sa anche che la guerra destabilizzerebbe l’intero sistema economico globale, da cui la Cina stessa dipende. È per questo che la Cina non può permettersi un conflitto aperto con gli Stati Uniti e i loro alleati, almeno non ora. Le esportazioni verso l’Occidente sono ancora vitali per mantenere a galla l’economia cinese e un crollo dei mercati causato da un conflitto militare sarebbe devastante per Pechino. La strategia della Cina, quindi, è di giocare su due fronti: mantenere una pressione costante su Taiwan, continuando a investire nella propria indipendenza tecnologica.

TAIWAN CON LA CINA E IL MONDO IN BILICO: LA GUERRA DEL XXI SECOLO PASSA PER I CHIP
TAIWAN CON LA CINA E IL MONDO IN BILICO: LA GUERRA DEL XXI SECOLO PASSA PER I CHIP

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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