a cura di Giuseppe Aiello
“Al tempo di Mosè c’era un derviscio che trascorreva giorni e notti in stato di adorazione, ma non riusciva a ottenere alcun vero progresso spirituale. Aveva una bella barba lunga e spesso, mentre pregava, si fermava a pettinarla.
Un giorno vide Mosè e gli disse: ‘O Re del Monte Sinai, chiedi a Dio, ti prego, di dirmi perché non provo né soddisfazione spirituale né estasi.’
La volta successiva che Mosè salì sul Sinai parlò a Dio del derviscio, e Dio disse, in tono di dispiacere: “Sebbene questo derviscio abbia cercato l’unione con Me, egli pensa costantemente alla sua lunga barba”.
Quando Mosè venne, raccontò al Sufi ciò che Dio aveva detto, e il derviscio subito odió la sua barba, ma Dio rivelò a Mosè: “Anche adesso il tuo Sufi pensa alla sua barba. Non pensava ad altro mentre pregava, ed è ancora più attaccato ad essa mentre se la strappa!”.
[Attar:] ‘O tu che pensi di aver smesso di preoccuparti della tua barba, sei immerso in un oceano di afflizione. Quando potrai considerla con distacco, avrai il diritto di navigare attraverso questo oceano…”
Attar, La lingua degli uccelli

