LA CONCENTRAZIONE IN TRE FASI

a cura di Alessandra Scarano

CONCENTRAZIONE

La concentrazione è l’esercizio-chiave della disciplina, epperò il veicolo della illuminazione e della liberazione.

Esso consiste nel raccogliere, mediante un tema, il flusso del pensiero in un unico punto, così da conseguire una sintesi dinamica: questa sintesi realizza obiettivamente ciò che il pensiero è all’origine.

Il pensiero originariamente è un potere di sintesi, ma a tale livello non conosce il proprio contenuto, perché non è cosciente di sé: normalmente diviene cosciente di sé col volgersi al sensibile: assumendo come proprio contenuto il sensibile, o la sua eco speculativa. Nella coscienza rivolta al sensibile, si fa immediatamente analitico e dialettico, comunque opposto alla propria originaria natura. La concentrazione restituisce al pensiero tale originaria natura: la quale viene dal discepolo ravvisata una con le forze universali sorreggenti il suo esistere.

L’operazione consiste nel ricostituire da un oggetto o da un tema la sintesi di pensiero, che ne è alla base, ripercorrendo lo svolgimento dialettico-analitico, sino a ritrovarne il puro concetto iniziale. La determinazione concettuale, però, può essere compiutamente afferrata in quanto evocazione di un oggetto prodotto dall’uomo: da tale oggetto il discepolo può ricavare tutto il pensiero analitico mediante cui è stato costruito, risalendo questo sino a ritrovarlo come pensiero intuitivo che l’ha ideato: come concetto.

L’oggetto va semplicemente evocato, non simultaneamente percepito: percepirlo durante l’esercizio sarebbe un errore, in quanto il cómpito è sperimentare il pensiero libero dai supporti sensibili: in realtà l’idea dell’oggetto costruito dall’uomo non è nell’oggetto, ma nel mentale dell’uomo, mentre l’oggetto appartenente alla natura vivente (cristallo, pianta, animale, ecc.) reca immanente in sé la propria idea: qui l’idea è presente come potenza della sua forma. La correlazione delle parti di un cristallo è insita nella forma-tipo del suo sistema di cristallizzazione, mentre la correlazione delle parti di una macchina è organicamente priva di senso, rispondendo a un’astrazione del mentale umano, estranea al reale rapporto della sostanzialità minerale di un «pezzo» con quella degli altri «pezzi».

Di rappresentazione in rappresentazione, l’esercizio mnemonicamente ricostituisce il pensiero sintetico originario.

(…)

L’esercizio della concentrazione consiste nella evocazione di un oggetto prodotto dall’uomo: preferibilmente esauribile in una serie minima di rappresentazioni, mediante cui sia possibile esprimere il massimo della forza-pensiero: perciò l’oggetto più semplice.

Essendo scopo della concentrazione l’esperienza dell’elemento sintetico del pensiero, normalmente alienato nel processo analitico-razionale, l’oggetto deve essere tale che il suo significato non eserciti alcuna influenza sulla operazione, esigendo questa solo l’arida e apsichica determinazione volitiva del pensiero. In questa determinazione volitiva è la forza originaria del pensiero: occorre soltanto ritrovarla.

Nell’attività volta a ritrovarla, essa stessa è in moto. Tale moto è fondamentale per tutta la vita dell’anima e della sua relazione con lo Spirito e con il corpo, perché per la prima volta viene realizzato il tipico ordine lo-anima-corpo, normalmente contraddetto dall’esperienza quotidiana. Perciò questo elementare esercizio è la chiave dell’equilibrio e della salute animica e corporea. Il fatto che, malgrado la sua elementarità, esso sia sempre difficile a realizzare, è spiegabile con il suo assunto invero eccezionale: essere l’operazione modello della ricostituzione dell’equilibrio originario dei principi costitutivi dell’uomo.

La saggezza dell’esercizio consiste nella sua semplicità: si evoca l’oggetto – spillo, o matita, o bottone, ecc. – lo si descrive con precisione, si fa brevemente la sua storia, si individua la sua funzione. Questa operazione sostanziale, condotta con il minimo indispensabile di rappresentazioni, dà luogo infine a un’imagine sintesi, o concetto, che giova trattenere dinanzi alla coscienza, obiettivamente, come l’imagine iniziale dell’oggetto. Quanto più tale imagine-sintesi possa essere obiettivamente contemplata, tanto più la concentrazione diviene esperienza dello Spirito. Durante l’esercizio, è importante non lasciarsi distrarre da alcun altro pensiero: se ciò si verifica, occorre risalire la rappresentazione estranea sino al punto in cui è illegittimamente intervenuta.

CONCENTRAZIONE PROFONDA

L’oggetto, il tema, il concetto, o l’imagine, o il segno di luce, o il simbolo, che il discepolo consegue come sintesi finale della concentrazione, deve stargli dinanzi obiettivamente: non ha importanza quale forma rivesta, o che non abbia alcuna forma. Egli non deve preoccuparsi di vedere qualcosa con una determinata forma, ma di vedere dinanzi a se il quid che simboleggia formalmente o informalmente la sintesi-pensiero. Questo quid può anche essere un nulla, e tuttavia esserci, come impercepibile voluto.

Questo quid va contemplato con calma, con decisione, con il massimo dell’attenzione, con continuità sottile di volontà: curando al tempo stesso uno spontaneo riposo in sé: un distacco contemplativo, che realizzi la potenza della profonda inerzia, o «Atarassia», presso alla intensa attività incorporea obiettivata grazie alla concentrazione. Questa intensa attività incorporea è in sostanza l’identità originaria dell’Io con le cose, destantesi, sia pure per breve momento.

Il discepolo comprende l’importanza di contemplare il segno-simbolo in stato di purità silenziosa. Tale purità è in sostanza l’indipendenza dell’Io dall’anima: la concentrazione infatti si realizza nella misura in cui non sia alterata da sentimenti, ricordi, tensioni, psichismi, stati psicosomatici.

Come una formula matematica, arida e obiettiva, tersa di psiche, epperò estrasoggettiva, il segno-simbolo deve stare dinanzi allo sperimentatore, con la sua invisibile luce, escludente qualsiasi elemento animico personale.

La vera forza è mantenere fuori di sé nella sua intatta adamantinità, o nella sua assoluta impersonalità, il segno di luce. Esso è il simbolo della liberazione dell’Io nell’anima: l’inizio della sua autonomia dal corpo astrale, ossia dall’àmbito psichico in cui è il circolo continuo degli istinti e degli stati emotivi.

La concentrazione viene realizzata oltre quel che costituzionalmente si è, con indipendenza dalla condizione mentale e fisica cui si è identificati. Essa non deve operare mediante le forze di ciò che esistenzialmente si è, ma mediante il più svincolato pensiero: in sostanza va aggiunta a ciò che si è. L’essere psicofisico che si è, non deve affatto intervenire: deve temporaneamente essere ignorato: mentre i metodi yoghici e tradizionali implicano la sua partecipazione all’opus interiore, anzi, fanno leva su essa. Questa distinzione è importante.

La corrente dell’attenzione pensante, come forza incorporea capace di agire di là dal corpo, epperò sul corpo, deve essere sviluppata al massimo fuori dell’organismo cui si è animicamente identificati: va attivata di là da se stessi, fuori del normale marasma che si reca come vita psicosomatica, quale che sia la stanchezza, o il male, o la depressione, o l’esaltazione, o l’impossibilità esistenziale o l’evento traumatico. Anzi, proprio l’impedimento psicosomatico può favorire la distinzione da esso dell’attività che lo trascende.

L’oggetto della concentrazione, sino alla sua tersa luce, deve essere semplicemente percepito, di là dal sentimento del corpo o della psiche. Il sentire normalmente ricongiunge la coscienza con la corporeità e paralizza la forza. Realizzare la tersa luce, o il segno estrasensibile, dell’oggetto – che come oggetto fisico in verità è estinto – di là da ciò che si è, significa superare l’elemento soggettivo-istintivo della psiche, normalmente tendente a far sua ogni operazione interiore – sia essa dello Yoga, o del Magismo, o del Misticismo – mediante il sentire sottile, legato alla corporeità. Nel sentimento di sé, vincolato all’essere corporeo, l’uomo è normalmente manovrato dalle Forze estrasensibili avverse alla sua liberazione: la concentrazione, divenendo operante, postula perciò un’ascesi del sentire.

SILENZIO MENTALE

Il pensiero della concentrazione, ove sia posseduto, può essere portato all’assoluta quiete: non viene eliminato, ma unito con la sua essenza. Ci si congiunge con questa essenza, raccogliendo intorno ad essa i poteri dell’anima: silenziosamente, evitando che l’anima dia ad essa una qualsiasi forma. La Forza-pensiero diviene immobile, unita, identica a sé: s’identifica con il proprio originario silenzio: genera il silenzio mentale.

Progredendo nella disciplina, il discepolo che si ritenga maturo per accedere a un grado superiore dell’esperienza, deve volitivamente eliminare i contenuti sovrasensibili accolti mediante il silenzio mentale, sino a conseguire un tipo più radicale di silenzio. Questo silenzio più radicale è ciò che la letteratura occulta usa chiamare vuoto. È chiaro che il discepolo può volgere ad esso, in quanto gli sia divenuto familiare l’iniziale silenzio mentale conseguito grazie alla concentrazione.

Ogni esperienza superiore è mediata dal silenzio mentale: qualsiasi ulteriore ascesa della coscienza presuppone il possesso del grado da cui muove e dal quale occultamente è in relazione con ogni altro grado, inferiore o superiore.

Qualsiasi ascesa esige la possibilità di eliminare, mediante il vuoto, i contenuti sovrasensibili conseguiti al grado dal quale muove. Il silenzio mentale, in sostanza, prepara l’esperienza del vuoto: ma ogni volta l’ascesa a un grado di coscienza superiore esige essere mediata dal vuoto del contenuto sovrasensibile posseduto.

Il silenzio mentale costituisce una positiva conquista dello sperimentatore: non solo esso è il pacificatore della psiche e del sistema nervoso, ma soprattutto il varco dischiuso alle forze superiori dell’lo.

Massimo Scaligero

Manuale pratico della meditazione

Tilopa, Roma 2005

pagg. 22-35

LA CONCENTRAZIONE IN TRE FASI
LA CONCENTRAZIONE IN TRE FASI

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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