di Martino Zeta
La padronanza dell’intento dovrebbe rappresentare la nostra condizione naturale, tuttavia a causa delle interferenze razionali, della nostra abitudine a vagliare, mediare e aggiungere, si tramuta in qualcosa di irraggiungibile.
Come prima opzione, riguardo la padronanza dell’intento, ti fornisco la spiegazione più semplice: i guerrieri intendono semplicemente intendendo ciò che vogliono intendere. Se il concetto non è chiaro allora cominciamo a complicare per cercare di semplificare: per padroneggiare l’intento è necessario che il corpo energetico applichi la determinazione del proprio intento su ciò che si intende intendere.
Magari non è ancora comprensibile. La padronanza dell’intento richiede leggerezza e improvvisazione ma, al tempo stesso, una determinazione inalterabile. Non è “volere qualcosa”, nè cercare di convincersi o esortarsi a fare o essere qualcosa. […]
Considera lo spirito un testimone inalterabile. […] Attenzione! Attenzione! Lo spirito è un testimone privo di giudizi! Il giudizio sul mondo appartiene solo a noi. Lo spirito è testimone esclusivamente della nostra impeccabilità energetica. La quale è impersonale! Impersonale! Quindi per avere accesso al lato attivo dell’infinito dobbiamo accedere alla stessa condizione: impersonalità.
(Marco Baston – La soglia dell’energia)

