a cura di Martino Zeta
Armonizzare azioni e decisioni è un punto centrale nella padronanza dell’intento ed è il risultato dell’arte dell’agguato. Se siamo privi dell’intensità che deriva dall’armonia tra azioni e decisioni, la nostra relazione con l’intento diventa confusa, mediocre, corrotta dall’indulgere. L’ordine esatto delle due parole è questo: azioni e decisioni. Dal punto di vista dei guerrieri infatti l’azione viene prima. Essa genera le decisioni definitive e inflessibili che caratterizzano la relazione con l’infinito. Se non vi è azione la decisione non può essere sostenuta. Questo dipende dal fatto che l’intento è pura azione, concepisce solo azioni condotte in modo deliberato; solo così si rendono concrete le decisioni. In altro modo le nostre scelte saranno sempre revocabili, incomplete, parziali e piene di dubbi, paure o condizionamenti di diversa natura.
L’armonia tra azioni e decisioni è il modo in cui un guerriero si rende riconoscibile e poi disponibile all’intento. Solo la messa in atto di questa condizione sancisce la definizione e la rivendicazione delle nostre decisioni come dichiarazioni di potere. Questa armonia tra azioni e decisioni si evolve, trasmutandosi in intento inflessibile, applicando la continuità dell’armonia stessa. La decisione di per sé è priva di potere, deve essere sostenuta da un atto conseguente e continuativo. In questo modo il guerriero sviluppa anche l’armonia tra processi del pensiero e fisici, tra astratto e concreto, riunificando il proprio essere.
(Marco Baston – Il lignaggio Tolteco di Felipe Amezcua)

