a cura di Ralù Raluca Antohie
[…] l’esperienza visionaria non è sempre beata. Essa qualche volta è terribile. Vi è l’inferno come vi è il paradiso […]. E allora vi è l’orrore dell’infinità […]. Quando l’esperienza visionaria è terribile e il mondo è trasfigurato nella maniera peggiore, l’individualizzazione è intensificata e il visionario negativo si trova associato a un corpo che sembra diventare progressivamente più denso, più strettamente compatto, finché alla fine si trova ridotto a essere la coscienza in agonia di un blocco di materia condensata, non più grande di una pietra da tenersi tra le mani. È degno di nota che molte delle pene descritte nelle varie relazioni dell’inferno sono pene di pressione e costrizione. I peccatori di Dante sono sotterrati nel fango, chiusi nei tronchi degli alberi, congelati in blocchi di ghiaccio, schiacciati sotto le pietre. L’Inferno è psicologicamente vero. Molte delle sue pene sono sperimentate dagli schizofrenici, e da coloro che abbiano preso la mescalina o l’acido lisergico in condizioni sfavorevoli. Qual è la natura di queste condizioni sfavorevoli? Come e perché il paradiso si trasforma in inferno? In alcuni casi l’esperienza visionaria negativa è il risultato di cause principalmente fisiche […]. Le emozioni negative – il timore che è assenza di fiducia, l’odio, l’ira o la perfidia che escludono l’amore – sono garanzia che l’esperienza visionaria, se e quando si verificherà, sarà spaventosa […]. Da ciò l’enorme importanza attribuita, in tutte le grandi tradizioni religiose, allo stato della mente al momento della morte.
(Aldous Huxley; Le porte della percezione. Paradiso e Inferno, pp. 107-110).

