di Luca Rudra Vincenzini
La presenza sottile (solo per meditanti avanzati).
Quando mi trovo in meditazione profonda, faccio sempre caso al desiderio, subdolo e sottile, della mente scimmia (neo-cortex) di voler tornare al pensiero discorsivo!
Mentre osservo il vuoto meditativo difronte a me, il silenzio scolpisce le “forme” della presenza sottile.
La cosa meravigliosa e, al contempo, altamente difficile da gestire, è proprio lo stato di sospensione dal chiacchiericcio mentale. Il punto è permettere a quell’esperienza di silenzio di dilatarsi, ancora ed ancora, di rinnovarsi nell’attenzione con una pressione costante e mai grezza. Il veicolo sul piano uditivo per fare ciò è proprio il sibilo del silenzio.
Non è tanto l’arrivare al silenzio, quanto il permanervi, senza la necessità impellente di ripartire con il pensiero analitico.
Rimanere nello stato è un’attività assai delicata, degna di un equilibrista da circo equestre. Se si mette troppa pressione riparte il chiacchiericcio, se se ne mette poca si cade addormentati, perché ormai, lì in profondità, siamo in onde theta.
È necessario allora sperimentare l’unione degli opposti, da un lato stare fermi, senza volere andare altrove (pensieri), e contemporaneamente muoversi, rinnovando l’attenzione al silenzio (coscienza).
Ebbene in quella dimensione di sospensione, le percezioni si fondono: avverto di essere presente ma non c’è più un me; avverto di essere pietrificato anche se c’è una meravigliosa sensazione di divenire; percepisco uno spazio infinito della coscienza, eppure sono un punto infinitesimale di attenzione; quel pullulare è in continuo movimento, anche se l’indagarne la natura fa riemergere ad un livello meno raffinato di pensiero.
In quel luogo preciso c’è un punto di leva, quello è la cruna dell’ago che separa la coscienza (citi) dall’atto di voler riprendere un corpo (dehini).

