a cura di Osservatorio Italiano sul Neoliberalismo
3 marzo 2025
Quando le massime autorità europee dicono “la pace attraverso la forza” significa che c’è l’intenzione di far proseguire la guerra in Ucraina. Sulla base di due presupposti: che grazie a questa continuazione, garantita da soldi soldati e armi degli Stati europei partecipanti, 1. la situazione sul campo di battaglia vada a migliorare, con la riconquista di pezzi di territorio; 2. che l’eventuale miglioramento della situazione porti ad uno stato di cose intorno a cui potrebbe effettivamente costruirsi un punto di mediazione con la Russia.
Ora, che la condizione 1 sia possibile, è un azzardo enorme, ma il vero salto cieco nel vuoto dell’abisso bellico è rappresentato dalla scommessa numero 2: la scommessa che ci sia comunque, alla fine giochi, un punto di razionalità ultima che spinga gli attori in gioco prima dell’escalation della guerra su larga scala; è appunto un vero e proprio salto nel vuoto abissale, perché anzi è enorme il rischio che le cose prendano una piega che va ben oltre le intenzioni degli attori – di fatto, è così che scoppiò la Prima guerra mondiale, che nessuno dei sovrani voleva davvero scatenare, ma che arrivò come una serie di conseguenze a cascata di attori che inizialmente reagivano (o pensavano di reagire) in modo razionale e controllato alle azioni altrui. E infatti, per quale motivo – a patto che la condizione 1 si realizzi – la Russia dovrebbe a quel punto sedersi al tavolo delle trattative e accettare la tregua o pace che sia? Siamo, letteralmente, di fronte ad un abisso di cui non siamo in grado di scorgere la profondità e il pericolo.
D’altra parte, tutto questo avviene perché la classe dirigente europea è lo specchio delle condizioni politiche che ci sono nelle società europee. Come si è detto spesso, nonostante la propaganda bellica liberale e atlantista evochi la Seconda guerra mondiale, la nostra condizione è ben più simile a quella che ha preceduto lo scoppio della Prima guerra mondiale. La perdita di ragione, l’ebbrezza dell’azione contro i nemici, il furore ideologico della società liberale che si sente minacciata, sono diffusissimi nella società. La manifestazione del 15 marzo, indetta da Michele Serra (!) per chiamare a raccolta gli europeisti, di fatto questo sarà: una manifestazione per l’affermazione di un’Europa della guerra, una manifestazione per l’affermazione dell’orgoglio della civiltà liberale europea contro la Russia. D’altra parte, da queste parti lo si dice da tempo: un pezzo rilevante di classe dirigente ha da tempo scommesso il tutto per tutto su questa guerra, da cui può derivare per contrasto una altrimenti assai claudicante e imprecisa “identità europea” (la civiltà individualistica e liberale VS le società autoritarie e liberticide non occidentali). Sarebbe anche l’occasione per il mito della fondazione europea, un mito bagnato sul sangue degli europei che si sono sacrificati di fronte all’invasore orientale. Scommessa cinica e terribile, che purtroppo ha una sua demoniaca razionalità.
Questo è ciò che si muove di fronte a noi. Le varie tornate elettorali recenti, sia nazionali che europea, hanno mostrato che la maggioranza degli europei non ha nulla di particolare da eccepire rispetto alla direzione politica e bellica che stiamo seguendo. A sommarsi c’è il furore ideologico del partito della guerra, che è minoranza nella società ma maggioranza nel sistema politico e mediatico, ma soprattutto il disinteresse e la mancanza di consapevolezza della pericolosità della situazione della maggioranza dei cittadini, che non si stanno rendendo conto che stiamo danzando ebbri sull’orlo dell’abisso.
Il sussulto di “eurosovranità” della classe dirigente europea, di fronte alla nuova linea politica degli Stati Uniti trumpiani, avviene in questo contesto di furore ideologico e di sonno della ragione: i popoli europei si avviano alla distruzione definitiva dello Stato sociale per sostenere il riarmo (togliere soldi alle pensioni e alla sanità per finanziare il riarmo, diceva il segretario della Nato Rutte), con un’Europa in guerra contro il suo principale fornitore di energia a basso costo e con la rottura dei legami commerciali con la Cina (stando a quanto dichiarato da quella sciagura chiamata Kaja Kallas). È un concetto alquanto peculiare di sovranità e autonomia dell’Europa, quella dei liberali fanatici della guerra: un’Europa chiusa e ostile rispetto alle potenze mondiali del futuro, senza alternative rispetto alla sottimissione politica ed economica agli Usa. In pratica, rispetto alla fase pre-Trump l’unica cosa che cambia, sostanzialmente, è che non solo saremo sottomessi agli Usa e privi di alternative reali, ma persino con centinaia di miliardi di euro di spese militari in più sul groppone.
È un andazzo che fa gli interessi soltanto delle èlites sociali collaborazioniste degli Usa, e della classe dirigente (politica e mediatica) che ha potere e reddito grazie al sostegno della linea politica bellica: decine di milioni di europei rischiano seriamente di farsi malissimo. Intere generazioni di europei rischiano di avere la propria vita completamente devastata dalle scelte dell’attuale classe dirigente europea. L’abisso è là davanti, oscuro, ci stiamo per precipitare.

