a cura di Carlo Weiblingen
Lovecraft, in una lettera a Woodburn Harris del 1929
“Riesco a sopportare la vita solo perchè non mi lascio coinvolgere dalla civiltà delle macchine e rimango legato alle tradizioni del New England che l’hanno preceduta. E’ impossibile trovare qualcosa di positivo in questa età delle macchine che ci corrode come un cancro. Non è una vera civiltà e non presenta alcune delle caratteristiche che soddisfano una mente matura e pienamente sviluppata. E ‘ invece il tipico risultato di una mentalità e un’immaginazione rozza, e annichilisce col disprezzo, la derisione e l’indigenza qualsiasi tentativo del pensiero indipendente e del sentimento raffinato di innalzarsi sopra il suo sordido livello. Nasce da una mentalità squallida, ristretta, e si nutre del veleno della schiavitù industriale e del lusso materiale. Chi appoggia questa cultura non vive veramente, perchè non sa come si vive. Passa tutto il suo tempo a inventarsi modi per proteggere la sua esistenza e renderla materialmente più confortevole, ma quando l’ha resa come desidera, non sa più che farsene.
Oggi possiamo osservarne solo i primi esiti, ma le aberrazioni peggiori di questo oscurantismo culturale andranno a detrimento delle generazioni future. […,] penso che individui di abitudini riservate (come sono io) possano sempre tirare avanti seguendo la via tracciata dagli avi e condurre esistenze impreziosite da quella vita della mente che si fonda sulle tradizioni che abbiamo ereditato.
L’ultimo, irrinunciabile baluardo d’indipendenza individuale per il quale vale la pena lottare fino in fondo è la libertà di pensiero, opinione, ricerca, ed espressione artistica”.

