SE L’INDUSTRIA DELL’AUTO NON CAMBIA A CAMBIARE SARÀ IL MERCATO

di Giuliano Noci

Le fonti di ricavo per le imprese automobilistiche in un futuro neanche troppo lontano registreranno una evoluzione. Da un lato, mi aspetto che il trasferimento di proprietà (dell’auto) diventi un meccanismo meno diffuso; grazie ai big data e ai servizi di connettività, ritengo che si farà sempre più ricorso ad un concetto di accesso ai servizi di mobilità, grazie a sottoscrizioni – secondo un modello pay per use – che garantiscono l’accesso all’utilizzo dell’automobile in differenti contesti di vita (giorno-sera, estate-inverno, lavoro-vacanza) coerentemente con lo standard di servizio prescelto. Dall’altro, emergerà un modello di business sempre più orientato alla vendita di servizi e prestazioni durante la mobilità (intrattenimento, modifica delle prestazioni della macchina, accesso a informazioni e a comunità). Secondo questa prospettiva, l’individuo quando sceglie un’auto non accede a un veicolo ma opziona l’accesso ad uno stile di vita e ai servizi conseguenti. Pertanto il valore non sta tanto nella vendita dell’auto e delle parti di ricambio quanto nei servizi ricorrenti a cui è possibile accedere in fase d’uso. La stessa gestione della supply chain deve cambiare; i modelli “just in time” adottati dalle case automobilistiche e il modo con cui gestiscono i fornitori sono ormai obsoleti. L’evoluzione dell’informatica di bordo e dei sistemi di infotainment, la centralità dei servizi di intrattenimento fanno sì che l’esperienza complessiva dell’utente dipenderà sempre più dalla disponibilità di software da aggiornare continuamente, rendendo pressoché ineludibile l’affidamento del suo sviluppo a un unico produttore piuttosto che a una moltitudine di fornitori, come avviene attualmente. Vi è d’altro canto da chiedersi quanto convenga operare in sistemi chiusi o viceversa adottare un approccio alla Android, dove la piattaforma utente è aperta e resa disponibile a sviluppatori che con i loro processi di ideazione di nuovi servizi possono arricchire la piattaforma stessa.

In questo contesto, la capacità di fare la differenza risiede sempre meno nel prodotto fisico (le prestazioni dell’automobile) e si sposta in un nuovo muscolo competitivo: quello analitico, inerente la capacità di processare utilmente i dati e trasformarli in sorgenti di valore. In qualche misura, è come se si dicesse che il centro di gravità del business non è più nella produzione-prodotto quanto nell’interfaccia con l’utente, ovvero nella progettazione di una esperienza semplice e di qualità in grado di innescare un effetto lock in con il mercato. Se l’Europa non abbandonerà l’illusione di poter rilanciare l’automotive con vecchi schemi industriali, sarà il mercato stesso a decretarne il declino. L’auto del futuro non si produce: si progetta come un ecosistema digitale. E chi non capisce questo cambio di paradigma è destinato a uscire di scena.

SE L’INDUSTRIA DELL’AUTO NON CAMBIA A CAMBIARE SARÀ IL MERCATO
SE L’INDUSTRIA DELL’AUTO NON CAMBIA A CAMBIARE SARÀ IL MERCATO

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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