GASTON GEORGEL: DEFINIZIONE DEGLI ULTIMI TEMPI SECONDO LA DOTTINA TRADIZIONALE DEI CICLI COSMICI

a cura di Giuseppe Aiello

Prima di tutto, è opportuno precisare qui ciò che bisogna intendere con il termine “Gli Ultimi Tempi” e collocare pertanto questi “Ultimi Tempi” nello sviluppo provvidenziale della storia del mondo.

Infatti, gli attuali “Ultimi Tempi” devono chiudere il grande ciclo cosmico di 64.800 anni che gli Indù chiamano “Manvantara” o Era di Manu; più esattamente, il Manvantara rappresenta il ciclo di un’umanità di cui il Manu è reggente. Inoltre si dice che il nostro Manvantara non è il primo, ma il settimo del Kalpa, o ciclo di un mondo, e si aggiunge che sarà seguito dalle sette Manvantara future.

Di conseguenza, il prossimo “Fine dei Tempi” corrisponde esattamente al centro temporaneo del Kalpa tutto intero, poiché si colloca, da un lato, a: 7x 64.800 anni= 453.600 anni dalla sua origine e, dall’altro, a: 7x 64.800 anni dalla sua fine. Da dove questa prima conclusione: che la vera “Fine del mondo” non è per domani! E la seconda sarebbe che l’espressione “Ultimi Tempi” significa: gli ultimi tempi del Manvantara, ben inteso che la durata di questi “Ultimi Tempi” varia secondo le diverse tradizioni, come si vedrà a suo tempo; ma prima bisogna rispondere all’inevitabile obiezione che si presenta qui, ossia che i saggi moderni attribuiscono al nostro mondo un’età favolosa, che può essere cifrata per miliardi di anni, anziché i 453.600 anni che ci propone la dottrina dei cicli.

Questa discordanza si spiega però molto bene se, come ho mostrato altrove, si tiene conto del fatto che per gli Antichi il tempo era ciclico (o circolare), mentre per i saggi moderni il tempo sarebbe rettilineo. Partendo da lì si può instaurare una relazione matematica che permette di passare dalla cronologia ciclica tradizionale alla cronologia rettilinea moderna e viceversa: così viene eliminata l’obiezione precedente.

Tuttavia, in questo stesso dominio, vale a dire la durata del mondo, ci sono ancora altre opinioni che vanno segnalate. È così, per esempio, come certi esegeti ci propongono un’interpretazione letterale della Bibbia che li porta a credere questo, su cui è inevitabile sorridere: “Secondo la cronologia biblica, cronologia affidabile, Adamo ed Eva sono stati creati l’anno 4026 prima della nostra era! ” (“Sveglia”, 8-4-1969). Altri, invece, prendono molto sul serio le cifre fantastiche della tradizione indù, ma René Guénon ha dimostrato che gli innumerevoli zeri che vi appaiono non avevano probabilmente altro scopo che sviare i curiosi. Inoltre, non esiste nel nostro mondo del tempo e dello spazio un altro ciclo più grande del Kalpa, la cui durata globale (compresi i sette futuri Manvantara) sarebbe in totale di: 2 x 453.600 = 907.200 anni. Gli altri periodi più vasti che sono considerati nella tradizione indiana devono essere intesi in senso puramente simbolico e non letterale.

Fatte queste osservazioni, dobbiamo tornare al problema della durata degli “Ultimi Tempi” nelle diverse tradizioni.

Secondo la tradizione indù, il Manvantara, o ciclo di un’umanità, si divide, sia in cinque Grandi Anni di 12.960 anni ciascuno, sia anche in quattro età di durata decrescente (che sono proporzionali ai numeri 4, 3, 2 e 1, il cui totale vale 10) e corrispondenti a le quattro età tradizionali della tradizione latina: Età dell’Oro, Età dell’Argento, Età del Bronzo ed Età del Ferro. In un certo senso, è quindi quest’ultima età dell’umanità attuale, l’età del ferro di Ovidio e di Virgilio, che gli Indù chiamano il Kali-Yuga (o l’età cupa), quella che rappresenterebbe l’insieme degli “Ultimi Tempi”, nella Bibbia è l’episodio della confusione delle lingue quello che segna l’inizio di questi, mentre il diluvio corrisponde al viaggio catastrofico tra il quarto e il quinto e attuale Grande Anno.

Questa è quindi la durata più lunga che si possa considerare per gli “Ultimi Tempi”, ossia quella dell’età dell’ombra che è di 6.480 anni. Ma la tradizione greca, di cui riporta Esiodo ne “I lavori e i giorni”, suddivide quest’ultima età in due “Razze”: prima la “Razza degli Eroi” (che perì sulle mura di Troia), poi la “Razza di Ferro” che sarebbe iniziata verso l’anno 1100 prima della nostra era.

Si tratta della tradizione ebraica? Allora è il profeta Daniele che bisogna consultare: ci ha dato, infatti, sulla statua dei piedi d’argilla vista nei sogni da re Nabucodonosor, una buona descrizione – evidentemente simbolica – degli “Ultimi Tempi”. Riappare in questo testo la successione delle quattro età degli Antichi e io ho dimostrato (L’era futura e il movimento della storia) che le proporzioni delle durate erano le stesse, ma in senso inverso, di quelle delle quattro parti della statua. Quanto alla durata globale di questo periodo ebraico degli “Ultimi Tempi” (che Daniel non dà), è teoricamente di 2.592 anni (cioè 26 secoli in numeri tondi). Si tratta, si intenda bene, dell’intero periodo fino alla “fine dei giorni” e non solo della durata dei quattro “Regni”: Caldeo (un secolo), Persiano (due secoli), Greco (tre secoli) e Romano (quattro secoli), il cui insieme rappresenta il “Millennio pagano” al quale accadrà, con un incrocio di circa un secolo, il Millennio cristiano dell’Apocalisse.

L’inizio del ciclo di Daniel (o periodo degli ultimi tempi nella tradizione ebraica) si colloca all’inizio del sesto secolo a.C., e coincide così con l’inizio della storia classica e si vede che il suo inizio è più recente di quello della “Razza di ferro” di Esiodo. Ci resta, infine, parlare della tradizione cristiana: qui, nessuna difficoltà, poiché secondo il Vangelo, gli Ultimi Tempi sono iniziati con l’Ascensione, quando Cristo è tornato in Cielo, e dureranno fino al suo Ritomo, alla “Fine dei Tempi”. I primi cristiani hanno creduto per molto tempo che questo retomo di Cristo glorioso fosse imminente. Al contrario, alcuni studiosi e persino teologi hanno rifiutato questo evento ultimo della vita della Chiesa verso un futuro lontano, se non indefinibile. La verità, che si può dedurre dai testi scritturari, e in particolare dalla profezia evangelica relativa alla distruzione di Gerusalemme, nonché dall’Apocalisse di San Giovanni, questa verità è semplice: la durata teorica degli “Ultimi Tempi” sarebbe, per i cristiani, di 2.000 anni (ossia del 30 al 2.030 circa). Questi 2.000 anni rappresentano quindi la fine dell’età cupa indiana (o l’età del ferro dei latini) e di conseguenza, di Manvantara tutto intero.

In breve, il prossimo “Fine dei Tempi” verrà a chiudere (verso l’anno 2.030 della nostra era), non solo i 2.000 anni di storia della Chiesa, ma anche i 65 secoli dell’età del ferro e allo stesso tempo i 65 millenni (in numeri tondi) della presente Umanità; ma questa non sarà la “Fine del mondo”! D’altro canto, bisogna sapere che i periodi sempre più brevi che rappresentano gli “Ultimi Tempi” possono essere suddivisi a loro volta in fasi secondarie, cosicché, gradualmente, ciò che si può ancora chiamare “Ultimi Tempi” è limitato fino a ridursi ad alcune decine di anni.

La “Fine dei Tempi” si collocherebbe così, come ho appena detto, nei dintorni dell’anno 2.030 della nostra epoca, poi in un futuro relativamente prossimo: non si smetterà di obiettare, a questo proposito, o che questa data è puramente immaginaria, oppure, al contrario, che è un “segreto” che non avrebbe dovuto essere svelato.

Ciò che si può rispondere è che questa data non è segreta da molto tempo. Senza risalire ai Padri della Chiesa che attribuiscono già 2.000 anni di vita alla Chiesa, farò notare che la “Fine dei Tempi” è stata annunciata molto chiaramente, esplicitamente, nella “Profezia del Re del Mondo” pubblicata dallo scrittore F. Ossendowski, nel suo libro “Bestie, uomini e Dei” (Ed. Plon, Parigi, 1923). Questa profezia, di origine mongola, diceva in effetti questo: “nel cinquantesimo anno (dopo il 1891), compariranno solo tre grandi regni, che dureranno per 71 anni. A seguire, ci saranno 18 anni di guerre e distruzione. Allora i villaggi di Agharti usciranno dalle loro caverne sotterranee e compariranno sulla superficie della terra.

Poiché l’ultima fase designa la “Fine dei Tempi”, si vede che la data di questa sarebbe:

1891+50+71+18=2030.

D’altra parte, la profezia dei Papi, chiamata di “San Malachia”, la cui chiave numerica (basata sul numero 111) è stata trovata da Raoul Auclair, darebbe: 1143+8 volte 111=2031.

Si può concludere che questa è la data approssimativa della “Fine dei Tempi” e si concorderà che è prodigiosamente ottimista e che la sua divulgazione non può sconvolgere nessuno, al contrario!

(Capitolo di: Gaston Georgel, Chronologie des Derniers Temps, Arché, Milano, 1986).

Altre opere dello stesso autore:

Les Rythmes dans l’Histoire, Belfort, 1937; 2a edizione, Besançon, 1947; 3a ed. , Arché, Milano, 1981.

Les Quatre Ages de l’Humanité, Besançon, 1949; 2a ed. , Arché, Milano, 1976.

GASTON GEORGEL: DEFINIZIONE DEGLI ULTIMI TEMPI SECONDO LA DOTTINA TRADIZIONALE DEI CICLI COSMICI
GASTON GEORGEL: DEFINIZIONE DEGLI ULTIMI TEMPI SECONDO LA DOTTINA TRADIZIONALE DEI CICLI COSMICI

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

Lascia un commento