WAGNER E LA GERMANIA NAZISTA

di Lorenzo Di Chiara

Giorgio Locchi non dice che Wagner è il “fondatore” del fascismo, il che sarebbe esprimere la cosa in modo un po’ discutibile. Locchi afferma che Wagner crea un “mito nuovo”, destando nella cultura europea una nuova visione del tempo della storia alla quale – e indiscutibilmente – prima la Konservative Revolution e poi gli stessi fascismi hanno aderito. Se tutto si riducesse a collegare Wagner al Nazionalsocialismo (in questo caso) Locchi non avrebbe detto nulla di originale, giacché per esempio un Peter Viereck aveva già pubblicato in tempi non sospetti un volume diventato poi famoso proprio su questo argomento. Ma Locchi parte assai più da lontano, si ricollega alla stessa storia della musica tonale in Europa e alla funzione di “protesta” esercitata dalla musica nella cultura europea nei confronti del “mondo occidentale” (leggi liberale e universalista), estendendo di fatto un discorso che già in taluni autori come Heinrich Heine, Thomas Mann, Ernst Bertram, Eugene Beaufils, era perfettamente chiaro. Locchi dunque parla di “mito sovrumanista” per indicare una nuova visione del mondo scaturita dallo spirito della musica, di cui certamente i “fascismi” furono il primo tentativo di realizzazione politica. La relazione fra Romanticismo e Nazionalsocialismo è questione peraltro assai studiata da tutta una letteratura e io non vedo niente di problematico nel rintracciare una linea che colleghi i due fenomeni: percorso nel quale Wagner, dal mio punto di vista, ha giocato un ruolo determinante. Ma – ripeto – Locchi non ne fa una questione primieramente ideologica, perché egli appunto spiega con estrema profondità la relazione fra questi elementi in forza della comune visione del tempo storico, fondata dal nuovo mito sorto dalla musica.

Che poi, a parte Locchi, uno non veda il filo rosso che collega il Bayreuther-Kreis con autori quali Hans von Wolzogen, Houston S. Chamberlain, Ludwig Schemann, e il Nazionalsocialismo, è un problema suo e non certo mio. Qui non si tratta di affermare che Wagner era un “protonazista”, cosa ingenua e mal posta, ma si tratta di individuare una tendenza culturale e metapolitica che ebbe il suo fulcro a Bayreuth (non a caso Chamberlain scriveva di sé di essere un “bayreuther” e non un “wagnerianer”), che di fatto esiste, è perfettamente rintracciabile ed è stata rintracciata da studi scientifici di tutto rispetto. Wagner considerava Wolzogen – come scrive a Re Ludwig II di Baviera – il suo “alterego” . E può essere un caso che Wolzogen, come la maggioranza dei membri della cerchia wagneriana, abbia aderito al Nazionalsocialismo? Ad un certo punto, non si tratta più nemmeno della persona Wagner in senso stretto, persona relativa della quale possiamo fare perfettamente a meno qui: si tratta di considerare l’impatto e l’influenza che Wagner in quanto “fondatore” di una nuova tendenza ha esercitato nel mondo tedesco e in Europa tutta. Il che disindividualizza ed eleva il discorso su un altro piano d’analisi. Ed è ciò che a me interessa.

WAGNER E LA GERMANIA NAZISTA
WAGNER E LA GERMANIA NAZISTA

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

Lascia un commento