di Zela Santi
28 Agosto 2025
I superdazi di Trump sull’India spingono Modi verso Russia e Cina, aggravando la dipendenza economica da Pechino e aprendo scenari geopolitici imprevedibili. Nuova Delhi taglia le tasse interne, ma la Casa Bianca offre l’alternativa: comprare più armi americane.
Trump spinge l’India tra Russia e Cina: la crisi dei dazi apre un nuovo fronte globale
La nuova stagione di dazi statunitensi ha aperto un fronte geopolitico che rischia di trasformare l’India in un tassello instabile nel delicato mosaico globale. Dopo che Biden e l’Europa hanno contribuito a rinsaldare i rapporti tra Russia e Cina, Donald Trump sembra intenzionato a completare l’opera spingendo Nuova Delhi sempre più vicino a Mosca, e persino a Pechino. Uno scenario che fino a pochi anni fa appariva quasi inverosimile, data la storica rivalità tra i due giganti asiatici.
La decisione della Casa Bianca di introdurre pesanti sovrapprezzi su molte importazioni indiane – fino al 50% su beni essenziali – rappresenta una svolta traumatica. A questo si aggiunge un’ulteriore tariffa del 25% sul petrolio russo acquistato dall’India: una vera e propria “tassa-Putin”, volta a colpire indirettamente i flussi finanziari che aiutano Mosca a sostenere la guerra in Ucraina.
Le reazioni del governo Modi non si sono fatte attendere: ufficialmente ferme, ma nella sostanza furibonde, tanto da imprimere una significativa sterzata alla politica estera di Nuova Delhi. Inserita nel blocco dei BRICS, l’India ha sempre mantenuto relazioni con l’Occidente, anche sul piano militare. Ma ora la pressione americana rischia di trascinarla verso una dipendenza economica e diplomatica dal fronte russo-cinese.
La mossa di Modi: tra vertici e shock economico
Le nuove tensioni hanno già prodotto conseguenze concrete. Il premier Narendra Modi è atteso a un vertice in Cina, la sua prima visita nel Paese dopo anni di gelo, in seguito allo scontro di confine del 2020. L’agenda prevede anche un incontro a Tokyo e la partecipazione al vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai a Tianjin, dove potrebbero verificarsi incontri diretti non solo con Xi Jinping ma anche con Vladimir Putin. Una sorta di supervertice informale che, se confermato, rappresenterebbe una svolta nella diplomazia asiatica.
Tuttavia, gli ostacoli sono enormi. Le industrie indiane, in particolare nei settori automobilistico ed elettronico, sono già colpite dai divieti imposti da Pechino su magneti in terre rare, attrezzature per tunnel himalayani e manodopera specializzata. La dipendenza economica dal mercato cinese emerge con chiarezza, e Nuova Delhi non può permettersi un isolamento prolungato.
Sul fronte interno, Modi ha deciso di rispondere con una drastica riduzione fiscale: l’aliquota massima passerà dal 28 al 18%, rendendo più economici beni come automobili, condizionatori e frigoriferi, con l’obiettivo di stimolare la domanda interna. Una strategia che molti osservatori definiscono azzardata, ma che appare necessaria per tamponare l’impatto occupazionale dei dazi statunitensi. I settori più esposti, infatti, rischiano un vero tracollo: abbigliamento, mobili, allevamento di gamberetti e commercio di diamanti, tutti comparti ad alta intensità di manodopera.
Secondo Ajay Srivastava, analista della Global Trade Research Initiative, “sarà quasi un massacro: perderemo gran parte del nostro mercato a favore dei concorrenti”. Con gli Stati Uniti che assorbono circa il 20% delle esportazioni indiane, le ricadute sul mercato del lavoro potrebbero essere devastanti.
Diplomazia o commercio d’armi?
Ma il vero nodo rimane la trattativa politica. Come riporta il Wall Street Journal, dietro la linea dura di Trump ci sarebbe anche l’irritazione per lo “sgarro” diplomatico di Modi, che non avrebbe riconosciuto il ruolo del Presidente americano nel cessate il fuoco con il Pakistan. Al contrario, Islamabad ha addirittura proposto Trump per il Nobel per la Pace.
In questo quadro, non sorprende che Washington mantenga un messaggio ambiguo: da un lato i dazi, dall’altro la disponibilità ad approfondire la cooperazione in materia di difesa. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato di voler “intensificare” i rapporti militari con l’India. In altre parole, Nuova Delhi potrebbe vedersi costretta ad acquistare radar, missili e sistemi d’arma americani in cambio di un ammorbidimento della “tassa-Putin”.
La sensazione è che la crisi commerciale sia solo la superficie di una partita geopolitica molto più ampia. Per Modi, il rischio è di ritrovarsi stretto in una morsa: da un lato la pressione economica e militare degli Stati Uniti, dall’altro la necessità di non rompere definitivamente con Cina e Russia. L’India, che da decenni cerca di bilanciare rapporti tra Est e Ovest, oggi è più che mai costretta a scegliere. E la scelta, questa volta, potrebbe avere conseguenze globali.
Tratto da: Kultur Jam

