a cura di Valentina Carnielli
Fin dai più antichi documenti riconducibili a un’originaria visione del mondo “aria”, la nobiltà del guerriero consiste nell’agire non tenendo conto del profitto personale, ma nel fare ciò che deve essere fatto (nell’epica dell’India la funzione del guerriero consiste nel realizzare il “dharma”).
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Rimanendo saldo nella purezza di questa generosa disposizione del cuore, il guerriero resta immune dell’onta della sconfitta e trasforma il combattimento terreno in impresa dello spirito poiché il vero campo di battaglia è il cuore del combattente dove si decide della sua vittoria o sconfitta.
Vinto sul campo di battaglia, non lo sarà sul campo dell’onore e della fedeltà alle leggi della sua gente dettate dagli dèi.
Seguire la via dell’onore, anche a costo del sacrificio di sé, è la suprema espressione di quell’ideale che Aristotele definisce “philautía”, alla lettera “amore per se stessi”.
Phlilautía è “amore verso ciò che è nobile è bello”.
Tratto da “Exempla” di Mario Polia, CinabroEdizioni

