di Lelio Antonio Deganutti
Un vento oscuro soffia sul mondo. Le coscienze vengono plasmate come cera nelle mani di chi domina le ombre. Non servono catene né prigioni: bastano le illusioni. La manipolazione è il nuovo veleno dei tempi.
Viene costruito un labirinto, fatto di parole ipnotiche, immagini ammalianti, promesse di salvezza che non esistono. Gli uomini vi entrano attratti dal bagliore, come falene verso la fiamma. Ma presto si accorgono che non c’è via d’uscita: corridoi che si piegano su sé stessi, specchi che riflettono solo menzogne, voci che confondono e disperdono.
E nel cuore di questo dedalo mostruoso attende la bestia.
Il Minotauro.
Non è una leggenda lontana, ma la personificazione dell’inganno finale: il potere che divora la libertà interiore, la creatura che uccide non i corpi, ma le anime. Chi lo incontra è già perduto. Non resta che il silenzio, la resa, la morte spirituale.
È questo il destino degli uomini che si lasciano sedurre dalla gorgone infinita delle illusioni: precipitare nell’abisso e nutrire il Minotauro con la propria coscienza spenta.
Ma c’è un filo. Un filo sottile, invisibile agli occhi ingannati, che ancora resiste. È il filo della sapienza antica, il filo di Arianna che conduce fuori dal labirinto. A chi lo cerca, una voce sussurra ancora: “Siate semplici come colombe e astuti come serpenti.”
Perché solo chi custodisce purezza e vigilanza insieme potrà spezzare le catene invisibili. Solo chi rifiuta la menzogna potrà uscire dal labirinto prima di incontrare la bestia.
E allora il Minotauro morirà di fame, divorato dal suo stesso nulla.
Tratto da: La Voce dell’Essere

