di Luciano Tovaglieri,
Segretario Nazionale di IGNIS – Fuoco Italico
L’immagine che confronta l’Europa del 1815 con quella del 2015 è eloquente. In due secoli lo scenario politico del continente si è radicalmente trasformato: da una mappa quasi interamente colorata di monarchie, a un’Europa dominata dalle repubbliche. Oggi contiamo appena 12 monarchie e ben 35 repubbliche.
La narrazione ufficiale ci insegna a leggere questa evoluzione come un grande trionfo del progresso, della libertà, della democrazia, frutto delle lotte dei popoli e delle conquiste dell’Illuminismo, del liberalismo e delle rivoluzioni borghesi. Ma è davvero così?
Una domanda scomoda
Proviamo per un istante a togliere gli occhiali della propaganda che ci hanno fatto indossare fin dall’infanzia.
Siamo davvero sicuri che gli attuali leader europei, espressione delle repubbliche moderne, siano liberi e indipendenti nelle loro decisioni?
Siamo sicuri che il popolo sia veramente sovrano e che le elezioni garantiscano ai cittadini un potere reale di indirizzo delle politiche più di quanto non accadesse sotto i sovrani del 1815?
Libertà ieri e oggi
Forse gli uomini e le donne del XIX secolo, pur sotto regimi monarchici, vivevano una libertà concreta molto più ampia nella loro vita quotidiana:
• meno burocrazie,
• meno imposizioni fiscali,
• meno interferenze dello Stato nei movimenti e negli spostamenti,
• nessuna presenza asfissiante nelle cure mediche o nella gestione della vita privata.
Oggi, invece, lo Stato democratico e repubblicano entra in ogni aspetto della vita delle persone, imponendo norme, controlli, obblighi, vincoli che restringono in maniera continua la reale libertà individuale.
Le monarchie di oggi non sono quelle di ieri
Va detto inoltre che le monarchie sopravvissute in Europa non hanno più nulla a che vedere con quelle del passato.
Sono monarchie di stampo massonico, figure svuotate di qualsiasi potere reale, ridotte a simboli puramente rappresentativi. Sono state lasciate al loro posto proprio perché non contano nulla nella politica concreta dei rispettivi paesi.
I sovrani di un tempo, pur con tutti i limiti e le rigidità delle monarchie tradizionali, erano più difficili da influenzare: non dipendevano da lobby elettorali o da sponsor occulti per mantenere il potere, mentre i politici moderni sanno benissimo che senza l’appoggio delle grandi lobby finanziarie, potentissime e organizzate, non avrebbero alcuna possibilità di vincere elezioni costosissime.
E proprio questo meccanismo ha reso i leader contemporanei molto più condizionabili e manipolabili di quanto non fossero i sovrani dell’Ottocento.
Chi ha voluto il cambiamento?
La domanda vera è: questo passaggio dalle monarchie alle repubbliche è stato davvero il frutto di una lotta dei popoli, o piuttosto il risultato della volontà di forze ben precise – economiche, finanziarie, usurocratiche – che hanno spinto verso un modello politico che garantisse loro il massimo controllo?
Non è forse vero che dietro le belle parole come “democrazia” e “libertà” si è nascosto un sistema che ha consegnato il potere nelle mani di élite capitalistiche, lasciando ai popoli solo l’illusione di contare, mentre le decisioni reali vengono prese altrove?
Non si tratta di esaltare la monarchia in opposizione alla democrazia: il punto è chiederci se non siamo oggetto di un grande inganno. Perché se fosse stato costruito un sistema autenticamente democratico, dove davvero tutti i cittadini hanno un potere reale di indirizzo nelle scelte collettive, ammesso e non concesso che la maggioranza dei cittadini sia realmente interessata ad esercitare questo potere, cosa di cui purtroppo a volte viene da dubitare, questo potrebbe persino essere un modello valido. Ma la domanda vera è se l’attuale sistema, che si autodefinisce democratico, rappresenti davvero la volontà del popolo, o se non sia piuttosto un paravento dietro il quale agiscono altre forze e poteri che detengono il controllo effettivo.
Conclusione: una riflessione necessaria
Guardando la mappa ci accorgiamo che la trasformazione politica europea non può essere letta solo come un progresso. Bisogna domandarsi:
• Che cosa abbiamo guadagnato davvero?
• Che cosa abbiamo perso?
• Chi sono i veri beneficiari di questo cambiamento?
E soprattutto: siamo davvero più liberi oggi di quanto non lo fossero i nostri antenati nel 1815?

