a cura del Rev. Li Xuanzong (Vincenzo di Ieso)
Prefetto Generale Chiesa Taoista d’Italia
- Crisi
In un mondo materialistico, artificiale e virtuale come il nostro, in cui la cultura relativistica del “pieno” è proposta come valutazione della realizzazione personale, i Valori che rendono l’umanità più umana e la persona umana, sacra, rischiano di scomparire, per lasciare posto, definitivamente, all’effimero, all’immanente, all’egocentrismo e all’affermazione aggressiva, ove non violenta, dell’uno sui molti.
Il segno è che le istituzioni laiche quali la famiglia e lo Stato, ma anche quelle religiose, non sono più capaci di assicurare un futuro certo e sicuro.
In una situazione del genere l’istinto di sopravvivenza della persona e della società è la risultante dominante.
Le persone pensano solo al “qui ed ora”, non vanno oltre il bisogno imminente e la società umana è oramai un organismo auto-sostenuto, in cui il singolo ha la sola funzione di sostentamento alla società stessa.
È invitabile, in questo scenario, che la dimensione del sacro e il piano divino passino in secondo piano ove non annullati del tutto, nelle priorità del popolo.
- Come ne usciamo?
La via di salvezza è nei meta-valori che vanno ben oltre gli interessi e la finitezza di una vita umana.
Solo se creiamo una cultura fondata
1. sulla compassione verso gli altri e se stessi,
2. sulla frugalità per non sprecare le risorse e consentire a tutti di avere il necessario per vivere,
3. sul non pretendere che l”Io” e il “mio” sia l’unica norma che regola etica e morale.
Possiamo sperare di creare una massa critica culturale, a livello mondiale, capace di innescare una inversione di tendenza.
Soprattutto solo se i meta valori spirituali, diventano valori ordinari nel quotidiano.
- Dialogo fra le religioni
Le religioni sono per loro stessa natura le depositarie dei meta-valori.
Questo dà loro l’autorità, la possibilità e il dovere di aiutare l’uomo a non perdere se stesso.
Il problema è che ogni religione, in quanto istituzione, è foriera di una unicità del messaggio divino.
Il rischio è la chiusura e l’incomprensione.
È vero che il dialogo teologico è impossibile ma è anche vero che il cuore di tutte le religioni pulsa intorno alla persona umana, vive di essa.
Tutte le religioni desiderano aiutare la persona a realizzare se stessa, in quanto se stessa e inserita nella società e nel creato.
Focalizzando la loro azione sulla persona umana, le religioni, agendo insieme, ecumenicamente, con un progetto in comune, possono agire a livello universale.
Sono tante le cose che dividono le posizioni religiose e molte sono inconciliabili.
Ma dobbiamo dialogare per conoscerci, per unire le nostre forze.
Per concretizzare un dialogo maturo, pur rispettando la diversità, dobbiamo cercare le similitudini se non addirittura le uguaglianza.
Dobbiamo imparare l’uno dall’altro.
- Impariamo dagli esempi dei Santi
Il punto di partenza, a mio umile avviso ed esperienza, non devono essere unicamente le Scritture ma anche le persone che le vivono nel loro quotidiano, che agiscono, testimoni silenziosi, in coerenza con la loro Fede.
Siamo esseri umani che vivono la loro finitezza, determinata da bisogni, paure e desideri.
A questa legge non sfugge nessuno né laico né religioso.
Noi ecclesiasti, in particolare, portiamo un fardello pesante, perché viviamo nella storia ma anche nella non-storia.
Anche se scegliamo una vita cenobitica, molti sono i dubbi che sorgono durante il nostro percorso spirituale e a volte siamo sgomenti di fronte alle difficoltà richieste dalla coerenza alla fede.
Una buona via per mantenerci saldi sul sentiero è imitare chi l’ha percorsa prima di noi, con successo.
Non è detto che l’esempio debba venire unicamente dalla nostra religione.
Se prescindiamo dalle forme e dalle strutture ecclesiastiche organizzate che la storia crea, la religiosità, il punto finale del rapporto Uomo-Dio, è di un solo tipo, uguale per tutti gli uomini e donne.
Esso avviene nella mente, nel cuore, nel corpo e nello spirito.
Grazie Dio o al Tao, queste componenti ce l’hanno tutti gli esseri umani.
- Wang Chongyang e il monachesimo Taoista
Prima del 4° sec. d.C. non abbiamo riferimenti testuali che ci facciamo pensare all’esistenza di una organizzazione monastica taoista. Le prime fonti risalgono agli inizi del 4° sec. e provengono dal Mao Shan 茅山,luogo di origine della rivelazione Shangqing 上清.
Sappiamo che i monaci taoisti del Maoshan, praticavano il celibato perché, contrariamente a scuole più antiche come quella dei Maestri celesti, tianshi dao 天币道, rifiutavano il sesso come mezzo di coltivazione interiore.
Da tempo immemore sul Maoshan, vi erano eremiti, maschi e femmine, che praticavano le tecniche taoiste ma il primo documento è del 480, perché un monastero, guan 觀, costruito da un gruppo di monache, formatosi nel 420, ricevette un aiuto imperiale. Cosi come vari altri da quel momento in poi.
Dovranno passare quasi sette secoli prima che fosse fondata quella che oggi la più grande organizzazione monastica taoista, la Quanzhen全真, ad opera di Wang Zhe un colto conoscitore dei Classici confuciani.
Egli nel 1159 e nel 1160 ricevette due rivelazioni.Dopo le quali, lasciò tutto e iniziò una vita errabonda vivendo di elemosina.
In realtà non pensava a costruire monasteri e organizzazioni ma voleva vivere il Tao secondo natura, in piena spontaneità e libero da qualsiasi influenza artificiale umana.
Infatti nell’unico testo normativo che ci ha lasciato, il Chongyang Lijiao Shiwu Lun 重陽立教十五論 , Quindici punti per stabilire l’insegnamento (Canone taoista, Dao Zhang 1233) dice:
” 大殿高堂,豈是道人之活?”
Dàdiàn gāotáng, qǐ shì dàoren zhī huó?
Grandi tabernacoli alti templi, come può un taoista viverci?
Tutto il testo richiama continuamente alla vita povera e errabonda.
L’altro aspetto universale del suo insegnamento fu non solo il dialogo fra le religioni ma creò un sincretismo tra Taoismo, Confucianesimo e Buddismo (in particolare la setta Chan, molto diffusa all’epoca). Infatti il nome delle prime cinque comunità che fondò nello Shandong, iniziano con Sanjiao 三教, Tre Insegnamenti.
Dopo pochi anni dalla fondazione, il Quanzhen ricevette la protezione imperiale e divenne estremamente potente e diffusa in tutta la Cina, particolarmente del nord.
- Francesco d’Assisi e Wang Chongyang
L’umanità ha avuto due figli straordinari, due Santi, una in Italia e l’altra in Cina, le cui vite seguono percorsi sorprendentemente simili: Francesco di Assisi (1182-1226) e Wang Chongyang王重阳 (1113-1170).
Entrambi:
Sono i fondatori di un ordine monastico che non si è mai interrotto, prosperando per circa otto secoli. I Francescani sono uno degli ordini più importanti della cristianità, lo Quanzhen, l’Autentico Completamento, una delle due correnti più importanti del Taoismo, insieme allo Zheg Yi, Unità Ortodossa, è oggi il motore della rinascita religiosa taoista sia in Cina sia nel mondo.
Vivono più o meno nello stesso momento. Francesco nasce dodici anni dopo la morte di Wang Chongyang.
Provengono da ricche famiglie di commercianti e di proprietari terrieri.
Avviati a una carriera militare, la abbandonano dopo una profonda crisi mistica.
Lasciano le loro famiglie e la vita agiata cui erano destinati per dedicarsi all’ascetismo, alla povertà, alla vita errabonda del mendicante.
Creano una rottura di consapevolezza nel panorama religioso dell’epoca: Francesco proponendo una vita dedicata completamente agli insegnamenti evangelici, Wang la via di sacra povertà degli insegnamenti Taoisti.
Ritenevano che i monaci non devono avere interessi nel mondo e al mondo, per dedicarsi completamente all’ascetismo, in assoluto celibato.
Nessuno dei due ricevette l’ordinazione sacerdotale.
Intorno a loro si raduna un piccolo gruppo discepoli.
Non desideravano costituire un’organizzazione cenobitica o di clausura ma chiedevano a se stessi e ai loro discepoli di vivere gioiosamente in libertà, di elemosina, di non possedere niente, di gioire nello stare con i reietti.
Entrambi hanno dato importanza alla donna, scegliendo di avere una discepola: Chiara e Sun bu’er. Esse sono l’esempio da imitare del ramo femminile dei due Ordini Monastici.
Scrissero una regola semplice e radicale, la cui unica differenza sostanziale, è la penitenza, un concetto fondamentale nel cristianesimo ma sconosciuto al taoismo.
Indubbiamente colpiscono le corrispondenze ma i santi parlano tutti la stessa lingua divina.
- Conclusioni
Questa mia breve riflessione vuole essere uno stimolo alla conoscenza reciproca.
In fondo parliamo tutti la tessa lingua: quella del cuore.
Un cuore vivificato dalla consapevolezza che possediamo la scintilla divina dentro di noi.
Le vie di Dio sono misteriose ma solo per chi non ha Fede.
Tratto da: DAOITALY.ORG

