di Anastasia Sergo
Per la prima volta un governo è caduto sotto la pressione dei meme e di TikTok. Video virali sulla vita lussuosa dei figli dei politici hanno portato a una rivoluzione che è costata la vita a diverse persone e ha costretto il primo ministro a dimettersi.
Il termine “nepo baby” (derivato da “nepotism” — nepotismo) veniva inizialmente usato per descrivere i figli delle star di Hollywood che ottenevano ruoli grazie alle conoscenze del padre. Ma quando questo meme è arrivato in Nepal, si è trasformato in un’arma politica di massa. I giovani nepalesi hanno iniziato a pubblicare su TikTok video contrastanti: da un lato i figli dei politici con borse Gucci e in resort costosi, dall’altro i nepalesi comuni che tornano dalla migrazione lavorativa in bare. Lo slogan “Figli dei leader con Gucci, figli del popolo in bare” è diventato il grido di battaglia di una generazione.
La matematica dell’ingiustizia Il governo in Nepal è ufficialmente “comunista”, di sinistra. I suoi leader sono funzionari professionisti, non commercianti. I numeri parlavano da soli. Con uno stipendio ufficiale dei ministri di 750-1500 $ al mese, i loro figli studiano a Oxford, guidano Ferrari e postano foto delle vacanze in Svizzera. In un paese dove il reddito medio è di 1300 $ all’anno e il 20% dei giovani è disoccupato, pur avendo smartphone con accesso a internet, questa matematica diventa una fonte inesauribile di “contenuti”. #PoliticiansNepoBabyNepal ha raggiunto milioni di visualizzazioni. Un video TikTok ha raccolto 1,3 milioni di visualizzazioni ponendo una domanda semplice: “Hanno ottenuto questa vita grazie al duro lavoro o alla ricchezza corrotta dei genitori?”
Al potere ovviamente non è piaciuto. Il 4 settembre 2025 le autorità hanno bloccato 26 piattaforme social, tra cui Facebook, Instagram, WhatsApp e YouTube. La ragione ufficiale era il “mancato rispetto dei requisiti di registrazione”. La vera ragione era il tentativo di soffocare il movimento “Nepo Kids”. Tuttavia il meccanismo non è stato ben studiato, agli utenti non è stata offerta alcuna alternativa. L’apparato repressivo non era pronto al fatto che migliaia di persone in uniforme scolastica sarebbero scese in strada. Il risultato è stato catastrofico. Il blocco dei social non ha spento le proteste, ma ha trasformato il malcontento digitale in una rivoluzione di strada. L’8 settembre migliaia di giovani nepalesi sono scesi in piazza a Kathmandu e in altre città. La polizia ha sparato proiettili veri, ci sono stati morti. Il potere che uccide “i figli” è un classico nelle situazioni rivoluzionarie. E questa volta il potere ha davvero ucciso dei figli.
Un classico esempio dell’effetto Streisand: il tentativo di nascondere l’informazione ha portato alla sua diffusione ancora maggiore. Il divieto dei social non solo non ha fermato il movimento, ma gli ha conferito ulteriore legittimità. I giovani hanno interpretato il blocco come una prova diretta che il potere teme la verità. I media internazionali hanno ripreso la storia della “generazione Z contro la corruzione”, trasformando una protesta locale in una sensazione globale. Il governo, che cercava di proteggere i propri figli dall’essere pubblicamente esposti in “questi vostri internet”, si è ritrovato al centro di uno scandalo internazionale.
Lezioni per il potere
La storia dei “Nepo Kids” nepalesi dimostra un cambiamento fondamentale nella natura della protesta politica. Nell’era dei social media:
I meme sono diventati politica. Ciò che prima era contenuto di intrattenimento ora può mobilitare le masse.
La censura rafforza la protesta. I tentativi di soffocare le critiche online spesso si traducono in un loro rafforzamento nel mondo reale.
La Generazione Z parla un’altra lingua. Non si può vietare tutto in una volta, semplicemente chiudendo tutti i canali di sfogo. La pressione dei divieti può essere solo graduale, e ogni nuovo divieto deve essere bilanciato con le capacità dell’apparato repressivo. Anche al massimo della censura devono rimanere alternative per comunicare e ottenere informazioni.
La vecchia retorica politica sulle “indagini patrimoniali” ha lasciato il posto a confronti virali sugli stili di vita.
Il Nepal non è un’eccezione, ma il primo segnale di una sorta di supertendenza. Movimenti simili stanno maturando in tutto il mondo. Dalle Filippine all’Europa, dal Latino America agli USA cresce il malcontento verso le dinastie politiche.
Il meme ha ucciso il re. Viva il XXI secolo.

