di Giuliano Noci
Mentre gli Stati Uniti alzano muri di dazi e il Washington Consensus scricchiola sotto i colpi della politica trumpiana, l’Europa resta intrappolata in regolamenti e veti, in Asia è partito un treno che corre veloce. È quello della Shanghai Cooperation Organization: a Tianjin 25 Paesi, il 40% della popolazione mondiale e quasi metà del PIL globale. Non un rituale diplomatico come il G7, ma il segnale di un cambio di rotta epocale. Segno che il Sud del mondo sta avanzando compatto.
La locomotiva si chiama Cina. Dopo aver trasformato la manifattura con il piano Made in China 2025, Pechino ora accelera con la strategia “AI Plus”, che punta a inserire l’intelligenza artificiale in ogni settore della società: dall’industria alla sanità, dall’agricoltura all’istruzione. L’obiettivo dichiarato è di raggiungere un livello di adozione vicinissimo alla totalità entro il 2030 e aggiungere oltre 1.300 miliardi di euro al PIL entro il 2035. Già da quest’anno, ogni studente cinese avrà un “compagno IA” per l’apprendimento, a dimostrazione che questa trasformazione non riguarda solo l’economia ma il tessuto stesso della società.
L’Europa, invece, sembra ancora ferma in stazione, sonnolenta e divisa. Eppure la direzione è chiara: la geopolitica del XXI secolo la scriverà chi saprà usare l’Intelligenza Artificiale come leva di potere, ricchezza e influenza.
Abbiamo perso il treno della prima rivoluzione digitale. Ora rischiamo di lasciarci sfuggire anche quello dell’Intelligenza Artificiale, a meno di un brusco risveglio.

