di Tania Perfetti
La vicenda della cosiddetta Papessa Giovanna rappresenta uno dei racconti più singolari e longevi dell’immaginario europeo. Secondo la tradizione, nella prima metà del IX secolo una donna, travestita da uomo, sarebbe riuscita a farsi eleggere papa col nome di Giovanni VIII, venendo smascherata solo durante una processione, quando partorì improvvisamente davanti al popolo. Una scena scandalosa che le costò la vita. La storiografia moderna ha da tempo escluso ogni fondamento storico, ma resta il fatto che la leggenda ebbe nel Medioevo e oltre una diffusione straordinaria, fino a trasformarsi in un mito capace di assumere diversi significati politici, morali e simbolici.
LE ORIGINI DELLA LEGGENDA
Contrariamente a quanto suggerirebbe la sua collocazione cronologica, la storia di Giovanna non nasce nel IX secolo ma molto più tardi, nel cuore del Duecento. È infatti in questo periodo che tre diversi frati appartenenti agli ordini mendicanti la mettono per iscritto, in versioni indipendenti ma affini, che costituiranno il punto di partenza di tutte le varianti successive.
Il primo a parlarne fu il domenicano Giovanni di Mailly, che attorno al 1250, nella sua Cronaca universale di Metz, narra la parabola di una donna entrata nella curia romana sotto mentite spoglie maschili, divenuta notaio, poi cardinale e infine papa. La sua sorte fu tragica: durante una cavalcata partorì improvvisamente, e subito il popolo la punì con una morte atroce, trascinata dal cavallo e lapidata. Una lapide commemorativa, recante un’iscrizione in forma di filastrocca, ne ricordava lo scandalo.
Pochi anni dopo, un frate francescano di Erfurt inserì la storia nella sua Chronica minor (entro il 1261). Qui il colpo di scena avveniva in modo ancora più spettacolare: in pieno concistoro, il diavolo in persona svelava ai cardinali che il pontefice era una donna incinta. Questo particolare, nato in ambito conventuale, diventerà un’arma formidabile in epoca di Riforma, quando i protestanti non esiteranno a insinuare che il demonio stesso fosse il padre del bambino, trasformando la leggenda in un’allegoria dell’Anticristo.
La versione che conobbe la più vasta fortuna fu però quella del domenicano Martino Polono, funzionario della penitenzieria apostolica, che nel 1277 incluse l’episodio nel suo Chronicon pontificum et imperatorum. Qui la storia si arricchiva di dettagli concreti: la protagonista, inglese di nascita, avrebbe studiato ad Atene, insegnato con successo a Roma e guadagnato fama tale da venire eletta papa all’unanimità. Ma, rimasta incinta di un collaboratore, fu sorpresa dalle doglie durante una processione da San Pietro al Laterano, e morì poco dopo aver partorito tra il Colosseo e San Clemente. Da allora, si diceva, i papi avrebbero evitato quel tratto di percorso per non rievocare lo scandalo.
È importante sottolineare che nessuna fonte del IX secolo, cioè dell’epoca in cui Giovanna sarebbe vissuta, menziona la vicenda. Anzi, conosciamo con precisione le circostanze dell’elezione di Benedetto III dopo la morte di Leone IV, nel 855: la successione fu regolare e non vi fu spazio per pontificati “fantasma”. La leggenda, dunque, non può che essere un’invenzione tarda.
UN MITO NATO NELLA CURIA
Il fatto che a elaborare le prime versioni siano stati tre religiosi esperti della vita di corte pontificia è un dato fondamentale. Giovanni di Mailly riproduce la carriera tipica della curia del tempo; l’anonimo francescano dimostra conoscenze di Roma e dei suoi cerimoniali; Martino Polono mostra familiarità con i percorsi processionali dei papi. Non erano frati marginali, ma uomini di cultura che frequentavano da vicino l’ambiente romano. Proprio per questo, la leggenda sembra nascere come risposta indiretta a un dibattito scottante in quegli anni: la possibilità, avanzata da alcuni canonisti, di ammettere le donne agli ordini sacri.
Alla fine del XII secolo, infatti, la rilettura di un passo del concilio di Calcedonia aveva suscitato discussioni sulla liceità dell’ordinazione femminile. Le autorità ecclesiastiche ribadirono con forza l’impossibilità di una simile innovazione, ma la circolazione di racconti in cui donne officiavano messe in contesti ereticali alimentava il dibattito. In questo clima, la figura della papessa appare come una sorta di parabola ammonitrice: mostrare, in forma narrativa e scandalosa, le conseguenze paradossali di un’eventuale apertura in tal senso.
Non a caso, la leggenda fu collocata cronologicamente nel vuoto lasciato dal Liber pontificalis tra Leone IV e Benedetto III, dove alcuni manoscritti medievali si interrompevano. Era un punto della storia abbastanza lontano nel tempo da rendere plausibile l’inserimento di un episodio straordinario, e abbastanza “oscuro” da non sollevare sospetti.
RICEZIONE E DIFFUSIONE
Dal Medioevo in poi, la leggenda della papessa Giovanna si arricchì di dettagli sempre nuovi. Alcuni luoghi romani vennero collegati alla sua memoria: celebre è il caso della cosiddetta sedia stercoraria, trono forato usato nei rituali di intronizzazione papale, che fu interpretato come uno strumento inventato per verificare il sesso del pontefice dopo lo scandalo di Giovanna. Umanisti come Platina, nel Quattrocento, la raccontarono ancora, oscillando tra credulità e scetticismo.
Il vero rilancio della leggenda si ebbe però nel XVI secolo, quando i protestanti la usarono come arma polemica contro Roma. Autori come Matthias Flacius Illyricus la presentarono come prova dell’immoralità e della fallibilità del papato, mentre la Chiesa cattolica reagì con tentativi di censura o reinterpretazione. Dal Seicento in poi, con studiosi come Cesare Baronio, la storiografia cattolica ne smontò progressivamente la credibilità, confinandola nel campo delle favole popolari.
SIGNIFICATO CULTURALE
Se la papessa Giovanna non è mai esistita, la sua leggenda resta comunque significativa. Essa riflette paure, tensioni e contraddizioni legate al ruolo delle donne, al potere papale e al rapporto tra verità e menzogna. L’immagine di una donna capace di scalare fino al vertice della Chiesa, per poi essere smascherata dal parto, il segno più evidente della sua femminilità, mette in scena la sovversione dell’ordine sociale e religioso e, nello stesso tempo, la sua punizione.
L’immaginario della papessa, insomma, svolge una duplice funzione: da un lato denuncia le fragilità del papato e le ipocrisie del clero; dall’altro ribadisce, in chiave moralistica, l’esclusione femminile dall’autorità ecclesiastica. È proprio questa ambivalenza a spiegarne la lunga fortuna: dal Medioevo alla Riforma, fino alla cultura moderna e contemporanea, dove la figura di Giovanna continua a ispirare letteratura, cinema e studi storici come specchio delle tensioni tra potere, genere e verità.
CONCLUSIONE
La Papessa Giovanna non appartiene alla storia, ma al mito. Eppure, la sua fortuna ci dice molto sulla mentalità medievale e sulla capacità delle narrazioni apocrife di diventare strumenti di dibattito e di propaganda. Lungi dall’essere una mera invenzione anticlericale, la leggenda nacque probabilmente per difendere la dottrina e i confini dell’ordine sacro, trasformandosi poi in un racconto universale sul potere e sulle sue contraddizioni. Ancora oggi rimane una finestra preziosa sulle paure, i conflitti e i simboli che hanno attraversato la cristianità medievale.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
• Giovanni di Mailly, Chronica Universalis Mettensis, sec. XIII.
• Anonimo di Erfurt, Chronica minor, sec. XIII.
• Martino Polono, Chronicon Pontificum et Imperatorum, sec. XIII.
• Platina (Bartolomeo Sacchi), Vite dei pontefici, 1479.
• Baronio, Cesare, Annales Ecclesiastici, Roma, 1588–1607.
• Bähr, Johann, Die Päpstin Johanna, 1834.
• Paravicini Bagliani, Agostino, La papessa Giovanna, Torino, Einaudi, 2016.
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• Dufresne, Claude, La papesse Jeanne, Paris, Denoël, 2006.
• Platt, J., Queen Joan: The Myth of Pope Joan, Routledge, 2015.

