di Giuliano Noci
Il Mediterraneo è un mare piccolo in estensione ma immenso in importanza. Rappresenta appena l’8% delle acque del mondo, ma da qui transita un quarto del traffico marittimo globale. È la via più breve tra Atlantico e Oceano Indiano, la rotta naturale che collega Asia, Africa ed Europa. Una rotta che riduce di migliaia di chilometri i commerci rispetto al periplo dell’Africa.
Al centro di questa mappa c’è il Sud Italia: con il 70% delle coste nazionali, porti strategici e una posizione geografica invidiabile, potrebbe essere il grande hub della blue economy europea. Eppure, mentre Rotterdam e Amburgo faticano a reggere i volumi, i porti del Mezzogiorno restano troppo spesso marginali.
La sfida è tutta lì: trasformare il Sud in motore di trasporti, energia e turismo. I trasporti, perché il Mediterraneo è il ponte che può rendere il Sud baricentro del commercio mondiale. L’energia, perché oggi più che mai servono snodi per le forniture di gas e petrolio, ma anche laboratori di rinnovabili legati al mare. Il turismo, perché il Sud possiede un patrimonio naturale e culturale che, se integrato in un’unica narrazione mediterranea, può attrarre viaggiatori da Asia e America.
Ma non basta la geografia: serve un piano. Porti digitalizzati e sostenibili, formazione nei settori chiave, investimenti mirati attraverso strumenti di blue finance. E serve anche un cambio culturale: abbandonare gli interventi spot, i veti incrociati, le remate scomposte. Una nave non naviga senza una rotta e senza un equipaggio unito.
Il Sud ha tutto: vele, vento e orizzonte. Ora bisogna solo issare le vele. Perché una nave ancorata non sarà mai protagonista della rotta. E il Mezzogiorno può e deve essere il timoniere di una nuova crescita nazionale.

