a cura di Osservatorio sul Neoliberismo
La Global Sumud Flotilla ha mostrato apertamente, attraverso il fango delle critiche che ha ricevuto, tutto il substrato culturale iper-individualistico, cinico, egoista e antipolitico che è non solo il cuore del neoliberalismo, ma anche l’elemento profondo che accomuna conservatorismo, fascismo e liberalismo al di là delle differenze “di superficie” tra queste diverse visioni della società e dell’esistenza.
È, tra l’altro, uno dei tratti culturali dominanti in Italia, che non a caso ospita un pezzo rilevante di società e opinione pubblica orgoglioso di “stare dalla parte di Israele” e di abitare in un Paese che, politicamente, è una colonia degli Stati Uniti d’America. In fondo, da questo punto di vista, gli americani sono italiani all’ennesima potenza, ospitando infatti una cultura di massa che spinge a guardare al proprio orticello, a pensare egoisticamente a sé stessi, a “lavorare” senza farsi troppi problemi e troppe domande su ciò che ci accade intorno; lavorare, consumare, mostrare, e ricominciare da capo con cinico pragmatismo. Ingranaggi della società di mercato. La teoria neoliberale ci ha costruito un intero impianto di civiltà, su questo modo di stare al mondo: ognuno pensi a sé stesso, al proprio lavoro e al proprio personale piano di vita; il mercato, quale luogo di incontro scontro e competizione degli individualismi, darà una direzione alla società; la politica e l’impegno personale per “prendersi cura dei problemi del mondo” sono persino dannosi, poiché distraggono le persone dalla propria funzione economica e pretendono di “decidere” i fini collettivi della società (Hayek, uno dei maggiori teorici del neoliberalismo, parla proprio di “eclissi della politica” e di smantellamento della democrazia rappresentativa).
Il sistema capitalistico, ovviamente, si nutre di questa cultura: i lavoratori pensino a lavorare, e non rompano tanto i coglioni con l’attivismo e l’organizzazione politica e sindacale; il fascismo, storicamente, è una evoluzione collettivistica di questa cultura profondamente “padronale”, che al fondo ha comunque questa radice antipolitica profonda (il collettivismo fascista, d’altra parte, è proprio finalizzato all’ordine di classe e alla spoliticizzazione della società, in cui il conflitto socio-economico viene risolto nel bene superiore della patria e nel corporativismo). Anche qui: è tutta roba italiana, italianissima, noi il fascismo l’abbiamo inventato e abbiamo fatto scuola. In fondo, a 80 anni di distanza, il blocco socio-economico e culturale che sostiene il governo Meloni è lo stesso: l’Italia che possiede (magari, pure poco: siamo un Paese di bottegai e piccolo-borghesi) e produce, e che non vuole tante rotture di coglioni. Gli struzzi stanno bene con la testa sotto la terra, dove l’eco dei problemi arriva molto ovattata.
Non sono affatto casuali gli “argomenti” delle persone che in queste settimane hanno criticato, delegittimato e attaccato con estrema violenza retorica l’equipaggio della Global Sumud Flotilla: “noi qua a lavorare, loro sulle barche a godersela”, “pensassero ai veri problemi, invece che alla Palestina”, “attivisti idealisti”, “radical chic privilegiati che non sanno quali sono i problemi veri della vita”, e via dicendo. È tutta roba culturale italianissima, di chi vuole pensare solo al proprio orticello e non vuole troppi discorsi su ciò che avviene al di fuori; in questo senso, non solo l’impegno politico è qualcosa di fastidioso e contrario alle norme del buon vivere (“a lavorare, alternativi scansafatiche!”), ma diviene totalmente incomprensibile e inaccettabile l’impegno politico per cause che non ci riguardano direttamente (“ma cosa scioperate a fare per i palestinesi, pensate ai problemi degli italiani!”). Ci definiscono, non a caso, “comunisti” e “anti-occidentali” per questa ragione: osiamo preoccuparci di questioni e problemi generali del mondo e di altri popoli che non ci riguardano direttamente (indirettamente, tuttavia, eccome se ci riguardano: il 90% del corpo degli struzzi rimane fuori dal terreno, con il deretano in bella vista), e osiamo sollevare questioni che ci mettono in discussione come sistema di potere politico-economico e quindi mettono in discussione il sistema che ci permette di pensare al nostro orticello senza troppe preoccupazioni.
Come scrivevo sopra, noi italiani siamo molto simili agli statunitensi, da questo punto di vista: ci piace l’appartenenza ad un sistema di potere che ci consente di rinchiuderci nei confini angusti dell’orticello e della botteguccia. Tanti italiani sono fieri della colonia Italia perché è la garanzia di questo assetto politico-economico; supportano Israele perché è la punta di diamante della nostra impresa imperialistica e capitalistica in Medio Oriente, e d’altra parte Israele rappresenta al massimo grado la logica tribalistica del gruppo chiuso che dà la priorità assoluta ai propri bisogni e interessi rispetto a quelli degli altri che è una delle modalità occidentalissime di stare al mondo – e combatte pure gli sporchi islamici che cercano di conquistarci da secoli. Come dicevo qualche riga sopra, il neoliberalismo ha portato a teorizzazione compiuta e sistematica questo impianto di civiltà anti-politico fino al midollo, ma si tratta di roba antica che fa parte della cultura italiana profonda, da sempre gelosissima del “particulare” e, anche a causa di questo, spesso “serva di dolore ostello”.
L’impresa della Global Sumud Flotilla, in questo senso, è la quintessenza di tutto ciò che viene odiato: l’impegno politico quale senso dell’esistenza (“a lavorare, zecche comuniste”), il mettere la propria vita in pericolo quando si potrebbe sguazzare nel consumismo e nei privilegi garantiti dalla nostra parte di mondo (“radical chic ingrati! arriverà la vostra ora”), il preoccuparsi degli “altri” invece che di “noi” e di ciò che ci riguarda direttamente (“idealisti scansafatiche!”), addirittura il criticare e il lavorare politicamente contro quel sistema di potere politico-economico (l’imperialismo capitalistico Usa – Israele – Nato) che garantisce a “noi” il benessere ai danni degli “altri” (“anti-occidentali!!”). Dal punto di vista antropologico la Global Sumud Flotilla è la nemesi dell’italiano che vuole pensare solo al proprio orticello e alla propria botteguccia, che non vuole troppi discorsi fastidiosi sui problemi del mondo (figuriamoci se riguardano questioni di giustizia che riguardano “gli altri”), che è contento di appartenere a quella parte del mondo che si è assicurata benessere materiale attraverso l’imperialismo occidentale.
Nota a margine: la riflessione sul genocidio e il “male assoluto” di 80 anni fa va in parte aggiornata. Oggi sappiamo che un genocidio, e più in generale il totale disprezzo dei diritti umani e del valore ontologico dell’Altro, sono possibili non solo per estrema ideologizzazione della società (come accaduto nel totalitarismo nazista), ma anche semplicemente per l’imbarbarimento culturale dovuto al consumismo, al benessere materiale, all’individualismo egoistico e alla cinica difesa dell’interesse personale. La libera società di mercato è capace di ripetere ciò che è accaduto nel totalitarismo politico: non solo il genocidio in sé, ma anche tutto il carico di legittimazione, di argomenti e di dinamiche culturali che lo accompagnano. La banalità del male ha cambiato volto, ma ha saputo manifestarsi anche nella nostra civiltà di mercato. Ciò manda completamente in frantumi le teorie neoliberali sul mercato e sull’individualismo quali motori del progresso civile.

