di Mostafa Milani Amin
Il termine #mantra, noto nella tradizione vedica e induista, ha una radice comune con il termine zoroastriano manthra. Entrambi derivano dal proto-indoeuropeo \men-* (“pensare”) e indicano una “formula del pensiero” o “strumento mentale”.
Nel contesto zoroastriano, manthra designa le preghiere sacre rivelate, come Ahuna Vairya, Ashem Vohu, Yenghe Hatam, e Airyaman Ishya. #Zaratustra stesso si definisce mąθran — conoscitore dei manthra — nei Gatha, i testi più antichi dell’Avesta.
Nella tradizione vedica, mantra assume un ruolo rituale e meditativo, spesso più lungo e musicale, ma con la stessa funzione di veicolo spirituale.
Oggi, il termine mantra ha assunto anche un significato più ampio: viene usato per indicare una frase ripetuta con intento meditativo, motivazionale o identitario, sia in ambiti spirituali che nel linguaggio comune. In politica, marketing o psicologia, si parla di “mantra personale” o “mantra collettivo” per descrivere formule che orientano il pensiero e l’azione.
Nonostante le somiglianze fonetiche e semantiche, mantra non deriva da manthra, né viceversa: sono evoluzioni parallele di una radice indoeuropea condivisa. Dire che mantra ha origini induiste, o zoroastriane, è impreciso, ma riconoscere la parentela linguistica e simbolica tra le due tradizioni è storicamente fondato.

