di Giuliano Noci
Non è solo una questione di investimenti, ma di cultura. In Europa siamo maestri nel produrre regolamenti, linee guida e cornici normative. Quando però si tratta di rischiare e scommettere sul futuro, abbassiamo lo sguardo.
La nostra finanza, solida grazie a Basilea, funziona come una gabbia. Per gli incumbent è difficile finanziare progetti audaci, per le startup quasi impossibile. Il venture capital europeo vale appena lo 0,1-0,2% del PIL, contro l’1% americano. Così proviamo a correre il Derby di Ascot con un pony legato a un carretto.
Il prezzo di questa prudenza è altissimo: senza capitali, l’innovazione resta miraggio, e i giovani europei — i fantini di domani — crescono senza cavalli su cui montare. Il rischio è che emigrino in scuderie straniere pur di correre. Una fuga di talenti che rende il nostro futuro non solo fragile, ma già ipotecato.
Se l’IA diventa il nuovo metro di potenza globale e noi rimaniamo indietro, non saremo solo più poveri: diventeremo irrilevanti. L’Europa rischia di ridursi a un ippodromo di lusso dove altri vengono a gareggiare, mentre i nostri cavalli brucano erba a bordo pista.
La domanda è semplice e drammatica: vogliamo restare spettatori paganti o tornare protagonisti della corsa più importante del secolo?

