di Luciano Tovaglieri
Segretario Nazionale di IGNIS Fuoco Italico
Per troppo tempo un’organizzazione privata, ideologicamente schierata e strutturata secondo modelli iniziatici, ha esercitato un’influenza profonda e spesso opaca all’interno dello Stato americano. La recente decisione del direttore dell’FBI Kash Patel di interrompere ogni collaborazione con l’Anti-Defamation League (ADL) segna una svolta storica: per la prima volta da decenni, un’agenzia federale chiude le porte a un attore esterno che era riuscito a penetrare nel cuore dell’apparato di sicurezza nazionale. Non si tratta di un gesto tecnico, ma di una vera e propria rottura politica e culturale.
L’ADL nasce nel 1913 come articolazione dell’Independent Order of B’nai B’rith, una confraternita ebraica fondata a New York nel 1843. Il B’nai B’rith, a differenza delle organizzazioni religiose convenzionali, adotta una struttura rituale e gerarchica modellata sulla massoneria: logge, gradi di iniziazione, simboli e cerimonie. Non si tratta di folklore, ma di un modello organizzativo che ha permesso la creazione di una rete internazionale compatta, disciplinata e dotata di un’identità ideologica forte. L’ADL è nata da questo humus: la sua missione ufficiale è combattere l’antisemitismo e difendere i diritti civili, ma sin dall’inizio ha avuto una dimensione politica e culturale più ampia, mirata a orientare l’opinione pubblica e le istituzioni.
Negli anni ’40, l’ADL stringe un’alleanza con l’FBI: fornisce dati, organizza corsi di formazione e contribuisce alla definizione dei criteri con cui individuare “gruppi estremisti”. Col passare del tempo, la collaborazione si approfondisce fino a una vera coabitazione: in alcuni uffici regionali, come in Connecticut, FBI e ADL arrivano a condividere spazi fisici. Si tratta di un fatto senza precedenti: un’agenzia federale che apre le sue sedi a un gruppo privato, ideologicamente connotato, con funzioni operative e formative.
L’influenza non si limita al piano logistico. L’ADL ha elaborato e diffuso glossari e manuali in cui definiva categorie di “odio” e “estremismo” spesso politicamente orientate. Nel 2025, questo è esploso in tutta la sua gravità: l’organizzazione aveva etichettato Turning Point USA, movimento conservatore fondato da Charlie Kirk, come vicino al “nazionalismo cristiano” e quindi meritevole di sorveglianza. Queste definizioni venivano utilizzate dall’FBI per indirizzare indagini e attività di monitoraggio. In altre parole, un soggetto privato dettava la cornice ideologica dell’azione federale.
La rottura è avvenuta dopo l’assassinio di Charlie Kirk nello Utah. Le incongruenze dell’indagine e il coinvolgimento di agenti provenienti dal Connecticut – la stessa sede della coabitazione ADL–FBI – hanno acceso il dibattito. Figure come Elon Musk e Candace Owens hanno amplificato le critiche, denunciando una deriva ideologica e una strumentalizzazione politica delle categorie di odio. Patel ha risposto tagliando i ponti, ritirando l’FBI dall’influenza dell’ADL e avviando una revisione delle partnership.
Questo episodio non è un’anomalia, ma la manifestazione di un processo lungo più di un secolo: un’organizzazione privata, nata in un contesto iniziatico e dotata di una forte coesione interna, ha progressivamente conquistato spazi dentro lo Stato, orientando politiche e definizioni sensibili. Non è un caso che l’ADL abbia avuto rapporti stretti anche con l’ONU e con reti transnazionali di advocacy: la sua forza è sempre stata la capacità di operare a cavallo tra sfera civile, politica e istituzionale.
La questione non riguarda l’identità religiosa, ma il principio democratico fondamentale: nessuna organizzazione privata, tanto più se fondata su appartenenze iniziatiche e ideologiche, può esercitare un ruolo così determinante nella definizione delle politiche pubbliche. Combattere l’odio e la discriminazione è compito dello Stato, non di strutture parallele che agiscono secondo logiche proprie.
La rottura tra FBI e ADL apre uno spazio politico nuovo. Significa affermare che l’apparato di sicurezza non può essere subordinato a criteri ideologici esterni, e che la sovranità democratica deve prevalere su reti di influenza che operano nell’ombra delle istituzioni. È un messaggio che va oltre gli Stati Uniti: in un’epoca di globalizzazione politica e culturale, anche in Europa esistono organizzazioni para-istituzionali e di stampo massonico che tentano di svolgere funzioni simili.
Svelare e denunciare questi intrecci non è complottismo, è un atto di igiene democratica, soprattutto per un movimento come IGNIS Fuoco Italico, che nasce espressamente per combattere l’influenza della massoneria in politica. La trasparenza e la separazione tra poteri pubblici e gruppi privati sono la base di ogni Stato libero. Quando questa separazione viene meno, si apre la strada alla manipolazione ideologica e al controllo politico mascherato da “lotta all’odio”.
La decisione di Kash Patel non chiude la partita, ma segna un precedente. Resta ora da vedere se altre agenzie e governi avranno il coraggio di fare altrettanto.

