di Giuliano Noci
Viviamo in un mondo che corre a velocità supersonica. Stati Uniti e Cina sfrecciano a bordo di bolidi tecnologici, mentre l’Europa si muove con l’inerzia di un cavallo da corsa che, pur davanti a un secchio d’acqua fresca, rifiuta di bere. L’Intelligenza Artificiale è la sfida del secolo, il carburante che ridisegna catene del valore e modelli di business. Eppure, noi restiamo fermi alla partenza.
Non possiamo nasconderci dietro alibi facili: questa volta Bruxelles non c’entra. L’UE investe in innovazione quanto gli Stati Uniti (0,7% del PIL). La differenza è nelle imprese: in America il settore privato destina il 2,3% del PIL a ricerca e sviluppo, in Europa ci fermiamo all’1,2%. Con l’IA va ancora peggio: spendiamo solo il 5% di quanto investono oltreoceano.
La fotografia è impietosa: negli USA i giganti della R&S non si chiamano più Ford o Pfizer, ma Alphabet, Meta e Microsoft. In Europa, invece, i campioni di vent’anni fa restano gli stessi di oggi: VW, Mercedes, Siemens. Un carosello lento, più simile a una giostra che a una corsa di cavalli.
Il problema è che la gara non aspetta. E mentre i cavalli americani e cinesi bevono e galoppano, il nostro resta fermo, lo sguardo malinconico perso all’orizzonte.

