di Marcello Veneziani
Maurizio Landini è la bestia nera dei lavoratori e il gadget portafortuna del governo Meloni. I suoi sioperi, pronunciati senza ci, i suoi comizi arrabbiati, il suo tono minaccioso, le sue dichiarazioni, la sua faccia feroce col naso perennemente rincagnato da un corruccio permanente sulla fronte, non servono minimamente alla causa dei lavoratori, non si ribellano a nessuna ingiustizia sociale e non producono nessun effetto pratico, nemmeno sulle cause globali alle quali si dedicano; in compenso danneggiano sicuramente gli italiani, bloccati da una ennesima giornata di sciopero. Alla fine portano consensi solo al governo Meloni, alla destra e ai suoi alleati. Da anni il sindacato serve alla promozione della carriera di Landini come leader della sinistra corrucciata, che grida, pretende, minaccia, come ai tempi in cui la Cgil e i sindacati erano davvero una grande forza composta da milioni di lavoratori “in lotta” e non da pensionati, migranti e ausiliari, come adesso. Ogni mattina la Meloni si alza e ringrazia i suoi nemici che la sostengono al governo coi loro attacchi: ringrazia Landini e la sinistra da passeggio, ringrazia le mille Gruber che la attaccano in video ogni giorno e le attribuiscono ogni guerra, nefandezza e carestia; ringrazia l’apparato mediatico-culturale-politico che col suo odio militante stimola i più dementi dell’estremismo a figurarla appesa a testa in giù. Ogni immagine di quel tipo avvelena il clima ma è uno spot in favore della Meloni più efficace di quelli che vantano il suo governo come il migliore della terra e di tutti i tempi.
Sulla catastrofe umanitaria di Gaza sapete come la penso, la condanna dei massacri di Israele nei confronti delle popolazioni inermi non ha l’ombra di una giustificazione; e non trova l’ombra di una effettiva, efficace reazione a livello internazionale, a partire dall’Europa e dall’America di Trump. Il tentativo di pace ora imbastito sarà in alcuni aspetti detestabile ma perlomeno ha buoni margini di riuscire a far cessare la carneficina e salvare il salvabile. Dunque, speriamo che si realizzi e che le parti in campo lo osservino sul serio.
Non amo, invece, le azioni dimostrative tipo quella della Flotilla, che non servono a nulla, non migliorano la vita del popolo palestinese, non impensieriscono minimamente Israele e servono soltanto per la ricaduta nostrana, non solo italiana. Ma riconosco perlomeno ai protagonisti dell’impresa un gesto simbolico e un piccolo atto di coraggio, pur con le spalle protette dal governo italiano che pubblicamente disprezzano e dalla sua buona amicizia con Israele che garantiva il buon esito finale. Quand’ero bambino o poco più mi colpirono i ragazzi della gioventù nazionale nostrana, missini e anticomunisti, che partirono per Praga, Danzica o Stettino invase dai carri armati sovietici. Erano atti di coraggio con alto valore simbolico ma con incidenza pratica pari allo zero. Rispetto alle azioni di questi giorni erano imprese destinate al silenzio dei media, colpivano solo l’area circostante e poco più; non avevano dunque nemmeno il ritorno di popolarità e consenso di queste iniziative in favore di telecamere.
Se arrivo a comprendere chi si è imbarcato su quelle navi, dissento invece dalle manifestazioni proPal esplose in Italia e condensate nel venerdì di sciopero generale. Uno sciopero indetto per la flotilla e non per i palestinesi. Col loro sciopero non hanno sfiorato minimamente i massacratori, non hanno impensierito Netanyau e i suoi soldati, abituati a bombe e massacri, fatti e subiti; ma hanno infierito contro i nostri poliziotti e carabinieri, contro le vetrine e le auto di inermi cittadini, contro la vita, il lavoro, i mezzi di trasporto di un Paese, lasciandolo in ginocchio. Qui ha ragione la Meloni: questi scioperi non aiutano i palestinesi, in compenso creano disagio agli italiani.
Certo, non è una novità. Per tornare alla mia infanzia, ricordo le manifestazioni contro l’intervento americano in Vietnam, che naturalmente ebbero zero incidenza sul Vietnam e sui governi ed eserciti statunitensi, ma inveivano contro i pavidi, inermi, incolpevoli governi Rumor nostrani, contro i nostri poliziotti, figli del popolo e non di papà, come lo erano invece molti manifestanti (Pasolini dixit). Certo, qualche migliaio di delinquenti o di esagitati non rappresentano i due milioni di cittadini che sono scesi in piazza in modo civile, anche se il tono della manifestazione è dato dagli slogan, dai cartelli, dai comizi: ed era una manifestazione bellicosa in nome del pacifismo, come succede spesso.
Capisco Landini, uno che mangia pane e sciopero ogni giorno, uno che è sposato col suo sindacato (la sua compagna di vita è l’ex leader della Cgil Susanna Camusso); rimpiango gli epici sindacalisti di una volta, come il grande Peppino Di Vittorio, cafone dalla parte dei cafoni, che difendeva davvero i lavoratori; con lui Landini ha in comune solo gli scarsi studi. Ma al di là del caso Landini (che Meloni dovrebbe proporre come Cavaliere del Lavoro e Commendatore della Repubblica per i servigi che rende al governo in carica) resta la strana sindrome della sinistra.
Come spiegarla? Di fronte ai fatti reali, alle tragedie vere, ai problemi concreti, si costruisce un mondo parallelo e va ad abitarlo, cercando lì, nel mondo che non esiste, la soluzione dei fatti reali. Davanti a una guerra, a un regime, a un genocidio, si indicono agitazioni, cortei, manifesti, e si arringa contro il potere in carica più vicino, cercando di far valere la proprietà transitiva: la Meloni è alleata a Trump e Netanyau quindi è lei la colpevole a noi più vicina da colpire. Non condivido affatto la prudente indulgenza del nostro governo verso i misfatti d’Israele e verso la scellerata simbiosi Hamas-Netanyau che è alle origini della persecuzione dei palestinesi. Ma da qui a caricarla di corresponsabilità e di gravi complicità nei massacri ce ne corre. Tutto l’Occidente fu allora corresponsabile e complice di tutte le invasioni, massacri, persecuzioni delle dittature comuniste nel mondo, perché non mossero mai un dito e mantennero attivi i rapporti non solo commerciali con l’est.
Ma quel che caratterizza la sinistra, soprattutto da noi, è questa vena mimetica: trasferisce la tragedia sul palcoscenico e simula la rivincita sulla realtà a teatro, inscenando sollevazioni di popolo contro le tragedie in corso, con le piazze piene, le condanne dai nostri palchi a distanza di sicurezza (alcune migliaia di chilometri) dai luoghi dei massacri. Ma tutto questo, come si sa, non incide minimamente sui veri scenari di guerra e sui genocidi, dove contano i rapporti di forza, capacità persuasiva, peso e valore dell’azione diplomatica, do ut des, e altri fattive condizioni. Loro, le anime belle, risolvono tutto in piazza, con un bel corteo che li assolve dalla cattiva coscienza e li fa sentire i migliori. Ma la realtà è un’altra cosa.
Per concludere e per dirla tutta, non limitandomi solo a osservare il versante sinistro: la destra si appiattisce sulla realtà, si adegua alla situazione, salvo poi rivestire la scelta di paroloni ideali, valori patriottici, ecc. La sinistra, invece, si trasferisce su un piano virtuale rispetto alla realtà e combatte una lotta parallela (simulata, differita, riversata su altri soggetti) che non incide minimamente sui fatti.
La destra si mimetizza nella realtà, la sinistra invece mima un altro mondo. Così la destra dura al governo e la sinistra dura all’opposizione. Amen.
La Verità – 5 ottobre 2025
Tratto da: Marcello Veneziani BLOG

