La tregua che incendia le parole: il risveglio dell’ideologia atlantista

di Zela Santi

17 Ottobre 2025

La tregua a Gaza ha scatenato in Italia una raffica di dichiarazioni feroci contro chi sostiene la causa palestinese. È l’effetto di una tensione ideologica repressa, ora liberata da opinionisti e politici che temono una ripoliticizzazione dal basso del Paese.

Sotto la tregua, l’ideologia che esplode

La rfragile tregua tra Israele e la Palestina occupata, accompagnata dalla riapertura dei corridoi umanitari verso Gaza, avrebbe potuto segnare un momento di distensione anche nel dibattito pubblico occidentale. Invece, ha funzionato da detonatore per una reazione rabbiosa, soprattutto in Italia, dove diversi esponenti governativi e opinionisti di primo piano hanno trasformato la pausa del conflitto in un’occasione per rilanciare un linguaggio intriso di disprezzo e revanscismo ideologico.

È come se la sospensione delle armi avesse liberato, nel discorso pubblico, una violenza simbolica a lungo repressa: un fuoco covato nelle cerchie più rigide dell’atlantismo, ora pronto a divampare senza remore né filtri.

Sorprende che tali affermazioni provengano spesso da individui che si definiscono moderati, alcuni con legami al mondo cattolico o addirittura provenienti da posizioni cosiddette “liberal-riformiste” , come nel caso di Velardi e Galli della Loggia.

Insieme alla ministra Roccella, questi protagonisti dell’ultra-atlantismo italico hanno lanciato parole harsh e meschine verso quel segmento della società che si è schierato contro la politica israeliana e contro ciò che molti definiscono un genocidio a Gaza.

Le argomentazioni utilizzate sono sorprendenti nella loro demagogia. Galli della Loggia afferma di aver ravvisato nei cortei italiani una “giustificazione” dei bombardamenti: connessione logica che non appare né chiara né rispettosa del ruolo di studioso. Velardi, dal canto suo, dichiara: “abbiamo perso la battaglia delle parole, ma abbiamo vinto la guerra”. Anche la ministra Roccella, con la sua infelice uscita sulle visite ad Auschwitz, si colloca sulla stessa tonalità — quella condivisa dagli estremisti che puntano il dito contro Francesca Albanese.

Le ragioni di una ferocia comunicativa

Per quale motivo tanta acrimonia? È probabile che si tratti di uno sfogo collettivo del peso emotivo accumulato durante le grandi proteste mondiali causate dalle immagini da Gaza e dalla brutalità israeliana.

Gli accordi di tregua hanno forse sdoganato — o almeno dato questa percezione — una riabilitazione dello Stato d’Israele, aprendo una voragine per chi attende un riconoscimento simbolico dalla lobby atlantista. Si assiste dunque alla proiezione di posture drastiche, degne degli estremisti pro-Netanyahu come Ben Gvir o Smotrich.

Un elemento degno di nota: gran parte degli attacchi è diretta verso l’opposizione interna. Le mobilitazioni italiane hanno superato le attese degli organizzatori non solo per numeri, ma anche per la capacità di incidere sulle decisioni dei governi. Secondo Velardi, la tregua rappresenterebbe una sconfitta — anche se parziale — per l’esecutivo israeliano, che si è trovato costretto a subire pressioni internazionali, tra cui l’intervento di Trump. Una strategia imposta da tre fattori: lo sdegno globale su Israele, l’offensiva in Qatar (alleato americano) e, appunto, le mobilitazioni europee che hanno messo in crisi l’ancora silenziosa accettazione del conflitto da parte dei governi europei dipendenti dalla NATO.

Trump, d’altronde, non poteva permettersi l’estensione del conflitto nei paesi arabi né rischiare che il malcontento sociale europeo – ancora fondato sull’indignazione morale – prendesse una forma politica strutturata. E ciò è particolarmente rischioso poiché le democrazie europee stanno per riversare ingenti fondi nelle casse USA per gli armamenti all’Ucraina.

L’Italia, in modo particolare, ha dimostrato una mobilitazione capillare. Sebbene gli italiani possano aver dimenticato, nel panorama politico globale il nostro Paese resta noto per la sua straordinaria capacità di mobilitazione.

È tempo di una ripoliticizzazione autentica, di rompere il moralismo astratto e la politica come rappresentazione vuota — quegli schemi che i “custodi atlantisti del potere” stanno ora sfidando con ogni mezzo. L’ondata verbale di ostilità contro il movimento per la liberazione della Palestina, nazionale e internazionale, non può essere letta altrimenti.

Tratto da: Kultur Jam

La tregua che incendia le parole: il risveglio dell’ideologia atlantista
La tregua che incendia le parole: il risveglio dell’ideologia atlantista

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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