di Fabio Piemonte
21-10-2025
È il 29 agosto 2023 quando a Igor Colombo viene diagnosticata una grave forma di cancro partito dal colon e con metastasi a fegato, milza e polmoni. Tale infausta «diagnosi viene confermata dall’esame istologico con cappa al quarto stadio. Dopo tante settimane di degenza ospedaliera, in cui i medici del reparto di Oncologia di Lamezia Terme le tentarono tutte, subentrarono gravi complicazioni e la situazione in quella fine estate precipitò». Racconta così a Pro Vita & Famiglia lo scrittore calabrese la sua vicenda personale, e in particolare la dolorosa fase della malattia e ci tiene a farlo – come egli stesso dichiara – per testimoniare con forza come la vita sia sempre degna di essere vissuta, anche nelle sofferenze più acute. Una testimonianza che ci tiene a portare all’attenzione dell’opinione pubblicata proprio nel corso del dibattito parlamentare su un’eventuale legge sul suicidio medicalmente assistito, che tra l’altro è anche l’oggetto di una petizione popolare lanciata dalla onlus e che ha già raccolto quasi 30.000 firme.
La malattia di Igor
«Il cancro avanzava dentro me e i medici potevano solo cercare di attenuare le mie sofferenze con morfina, ma neppure quella bastava per i forti dolori che accusavo in alcuni momenti della giornata. Ossigeno, trasfusioni di sangue, alimentazione artificiale, mi prospettavano non più di due settimane di vita. In quel periodo ho pensato solo due volte alla morte e ho pregato Dio affinché mi venisse a prendere per evitarmi quelle sofferenze. Ma quelli erano i momenti più intensi, dove la sofferenza ti faceva perdere la lucidità. In realtà pensavo a uscire di lì, guardavo fuori dalla finestra e desideravo passeggiare, incontrare e abbracciare amici, stare con mia mamma a bere un caffè in un bar», confessa con franchezza rispetto ai dolori atroci patiti. «La voglia di vivere sta alla base di tutto ma non possiamo dare lezioni a chicchessia, specie alle persone che soffrono più di quanto abbia sofferto io. Oggi combatto e non nascondo che spesso mi vengano pensieri cattivi per cui mi dico: “Se le terapie che sto facendo venissero bucate dal cancro, altre più forti non potrei più sopportarle”, e conseguentemente penso: “Potrei lasciarmi andare e finalmente finire con la sofferenza e i momenti di ansia e paura”. Però in quel momento mi rendo conto di non essere abbastanza lucido», ci tiene a specificare.
Una legge sul fine vita?
A questo punto, riflettendo sul dibattito sul suicidio medicalmente assistito attualmente in discussione in Parlamento, si chiede: «Se un giorno in mancanza di lucidità, dovessi pensare allo Stato, che consente di uccidermi ‘dolcemente’, reagirei subito allo stesso modo come sto facendo da due anni? Cosa ne sarebbe degli altri pazienti che non hanno la stessa reazione; che magari non trovano forza, stimoli e motivazioni per continuare a vivere e combattere, anche se in fondo al loro cuore lo vorrebbero, ma non trovano la forza? Ecco che allora lo Stato ti consente di farla finita». Nel solco della sua visione politica, filosofica e religiosa, Colombo afferma senza mezzi termini che «uno Stato dovrebbe sempre legiferare per la vita, non per la morte. L’inganno – spiega – è che quando pensi a certe brutte cose non sei mai lucido e guardi alla vita come una morte vivente, esattamente come i vampiri nel romanzo Dracula di Bram Stoker. Ecco perché il governo Meloni non dovrebbe ingannare prima di tutto gli elettori e poi se stesso».
I dati: dove c’è una legge c’è la morte
Lo stesso Igor cita dati e statistiche che parlano chiaro: lì dove sono state approvate tali leggi, i casi di suicidio sono aumentanti vertiginosamente fino ad arrivare ai 60mila del Canada, compresi molti addirittura per forme depressive che con le terapie di oggi si curano benissimo. «La morte – racconta sempre Colombo – è qualcosa che esiste. Dobbiamo solo comprendere che la vita è un passaggio terreno che prima o poi finirà. Avere paura è lecito. Purtroppo questa società moderna borderline da un lato ti facilità la morte, dall’altro invece l’annulla come se fosse qualcosa che non riguarda mai te ma sempre gli altri. Ecco perché amo l’uomo medievale, il quale sapeva vivere sereno consapevole che la vita è un passaggio e dopo arriva il ‘conto’, l’incontro con Dio e quando qualcuno di noi lascia questo mondo dobbiamo smetterla di dire “Ciao” e dire piuttosto “A Dio” perché è da Dio che ci si rincontrerà».
L’appello
Si auspica, quindi, che una testimonianza così forte ma soprattutto così diretta – che arriva, appunto, direttamente da chi dal cosiddetto “fine vita” viene chiamato in causa – sia un campanello d’allarme e allo stesso tempo un appello a chi oggi governa, decide e amministra. In special modo, ovviamente, a quella maggioranza di centrodestra in Parlamento che ormai da settimane parla di una legge sul suicidio medicalmente assistito quasi presentandola come una sorta di “male minore”. Ma, appunto, come dimostrano le parole e la stessa storia di Igor, non c’è mai un male minore quando uno Stato vuole legiferare sulla morte e non sulla vita.
Tratto da: PRO VITA & FAMIGLIA

