di Giuseppe Aiello
Incontrarono uno dei Nostri Servi [abd min ibadina , al-khidr] al quale avevamo concesso misericordia da parte Nostra e al quale avevamo insegnato una scienza da Noi proveniente. Chiese [Mosè]: «Posso seguirti per imparare quello che ti è stato insegnato [a proposito] della Retta Via?». Rispose: «Non potrai essere paziente con me. Come potresti aver pazienza dinnanzi a cose che non potrai comprendere?……».
(Corano 18, 65-68)
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La figura di al-Khiḍr (الخِضْر) è una delle più affascinanti e misteriose del Corano.
Nel Corano, la storia di al-Khiḍr appare nella sura al-Kahf, dal versetto 60 all’82, dove è raccontato l’incontro tra Mūsā (Mosè) e un misterioso “servo di Dio” dotato di una conoscenza speciale e diretta, una sapienza che viene da Dio stesso.
Mosè, desideroso di imparare da lui, si mette in viaggio fino al luogo dove si incontrano i due mari, segno simbolico del punto in cui si incontrano la conoscenza rivelata e quella interiore, quella divina e quella umana.
Lì incontra Khiḍr e gli chiede di poterlo seguire, ma Khiḍr lo avverte che non sarà in grado di essere PAZIENTE, poiché non potrà comprendere la SAGGEZZA NASCOSTA dietro le sue azioni.
Mosè promette di tacere e di seguire senza domandare, ma presto si trova incapace di mantenere la promessa.
Durante il viaggio Khiḍr compie tre azioni apparentemente ingiuste o incomprensibili:
- danneggia la nave di alcuni poveri pescatori
- uccide un giovane innocente
- ricostruisce gratuitamente un muro in una città dove non avevano ricevuto ospitalità.
Ogni volta Mosè reagisce con stupore e protesta, dimenticando la promessa di pazienza.
Alla fine Khiḍr decide di separarsi da lui e gli svela il significato nascosto di ciò che aveva fatto:
- la nave era stata danneggiata per salvarla dalla confisca di un re ingiusto,
- il ragazzo era stato ucciso perché avrebbe causato dolore e corruzione ai genitori giusti,
- e il muro era stato raddrizzato per proteggere un tesoro appartenente a due orfani fino al momento in cui fossero cresciuti.
Solo allora Mosè comprende che le azioni di Khiḍr, pur sembrando ingiuste dal punto di vista umano, ordinario, erano in realtà atti di misericordia e saggezza divina.
La storia insegna che la conoscenza umana ha limiti e che anche i profeti devono riconoscere l’esistenza di una sapienza che solo Dio possiede.
Mostra come ciò che appare male può nascondere un bene più grande, e come la vera fede richieda PAZIENZA (sabr) e FIDUCIA (tawakkul) nel disegno divino, anche quando la ragione non riesce a comprenderlo.

