PUDICIZIA E PROMISCUITA’

a cura di Giuseppe Aiello

Solo l’Islam è così “permaloso” e restrittivo oppure è un principio di tutte le civiltà tradizionali?

INDUISMO

Nella tradizione vedico-brahmanica l’ordine sociale e morale è basato sul dharma, che regola anche i rapporti sessuali e familiari.

Separazione dei sessi e modestia:

Nel Manusmṛti (II.215, IX.13-14) si raccomanda che le donne non si mostrino liberamente a uomini estranei e non frequentino luoghi dove ci siano uomini soli. La castità femminile è considerata fondamentale per il dharma familiare (strīdharma).

Promiscuità condannata:

Rapporti extraconiugali o prematrimoniali sono considerati adharma (contrari alla legge divina). In particolare, Manusmṛti VIII.356-359 prescrive punizioni severe per l’adulterio.

Ragioni spirituali e sociali:

Il controllo dei desideri sessuali (kāma) è parte del cammino verso la purezza interiore e la liberazione (mokṣa).

La sessualità è accettata nel matrimonio, ma con regole precise e in contesti ritualizzati.

In sintesi, nella tradizione indù classica vi è una netta distinzione tra uomini e donne non sposati, e il contatto libero o la promiscuità sono visti come pericoli morali e spirituali.

Fonti: Dharmashastra, Manusmṛti, Mahabharata, Purana

Manusmṛti (Leggi di Manu)

Protezione e separazione della donna

“La donna deve essere protetta dal padre nella giovinezza, dal marito dopo il matrimonio, e dal figlio nella vecchiaia; non deve mai essere indipendente.”

— Manusmṛti IX.3 (माता रक्षति कौमारे…)

Condanna dell’adulterio e della promiscuità

“L’uomo che si unisce con una donna altrui, sia essa sposata o promessa, deve essere punito secondo la legge.”

— Manusmṛti VIII.356-357

Modestia e controllo del desiderio

“L’uomo saggio deve controllare i propri sensi come un cocchiere controlla i cavalli indocili; poiché il desiderio, se lasciato libero, trascina l’uomo alla rovina.”

— Manusmṛti II.88

Mahābhārata (Shanti Parva)

“La donna casta, che serve il marito e custodisce la propria purezza, conquista il cielo; ma quella che desidera altri uomini cade nell’abisso.”

— Mahābhārata, XII.144.45

La PROMISCUITA’ è vista come adharma, un disordine contro la legge cosmica; la purezza sessuale è virtù spirituale e sociale.

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ANTICA ROMA

La società romana classica (prima della decadenza imperiale) aveva una morale fortemente centrata sulla castitas e sul pudor.

Leggi sulla morale sessuale:

La Lex Julia de adulteriis coercendis (18 a.C., di Augusto) puniva l’adulterio e promuoveva il matrimonio legittimo per motivi morali e demografici.

Le donne rispettabili dovevano evitare ogni contatto sospetto con uomini non parenti.

Ruolo della donna e promiscuità:

La matrona romana viveva sotto l’autorità del pater familias e la sua reputazione era strettamente legata alla modestia e alla riservatezza.

In pubblico, l’eccessiva libertà o la frequentazione di uomini estranei era segno di disonore.

Ideali di pudicitia e modestia:

Questi valori erano celebrati come virtù cardinali femminili; il termine pudicitia è spesso associato a divinità tutelari (es. il tempio della Pudicitia).

Cicerone (De Officiis I, 130) lega la decenza e il rispetto delle convenzioni sessuali all’ordine sociale.

Anche a Roma, dunque, la PROMISCUITA’ era vista come minaccia alla moralità e alla stabilità familiare, e vi erano norme giuridiche e religiose contro la libera mescolanza dei sessi.

Fonti: Leges XII Tabularum, Mos maiorum, autori latini (Cicerone, Livio, Ovidio)

Leges XII Tabularum (V sec. a.C.)

“Se una donna è colta in adulterio, può essere uccisa dal marito con giusta causa.”

— Lex Duodecim Tabularum, Tab. VI (fr. 10 Mommsen)

Livio – Ab Urbe Condita

“Il pudore e la castità delle matrone romane furono la forza della città; mai esse si mostrarono in pubblico se non per il culto degli dèi.”

— Livio, I, 57

Cicerone – De Officiis

“Nessuna cosa è più disonorevole per una donna che la perdita della pudicizia; poiché essa è il fondamento della dignità e dell’ordine domestico.”

— Cicerone, De Officiis I, 130

Lex Julia de adulteriis coercendis (18 a.C.)

Stabiliva la pena per chi intratteneva rapporti adulterini e imponeva ai cittadini di sposarsi entro certe età, come segno di moralità pubblica.

(Testo frammentario in Digesto 48.5)

La morale romana è civica e religiosa insieme — la pudicitia e il pudor sono virtù sociali; la promiscuità è percepita come minaccia all’ordine pubblico.

ANTICA GRECIA

La Grecia antica aveva un sistema diverso ma ugualmente patriarcale e regolato.

Segregazione delle donne rispettabili:

Le donne ateniesi di buona famiglia vivevano in gran parte ritirate nella casa (gynaeceum). Non frequentavano simposi o banchetti maschili, salvo le etère (donne colte, ma considerate al di fuori delle convenzioni morali).

Aristotele (in Politica, I, 1259b) parla della donna come parte dell’oikos (famiglia), sotto la tutela del marito o del padre.

Promiscuità sociale malvista:

Le relazioni extraconiugali erano fonte di vergogna e di reati (l’adulterio era punibile anche con la morte o la confisca dei beni).

Solone e le leggi ateniesi regolavano anche la frequentazione delle donne, distinguendo tra concubine, etère e mogli legittime.

Eccezioni rituali o filosofiche:

In alcuni culti misterici (come quelli dionisiaci) o in certe scuole filosofiche (ad es. i Cinici), si trovano forme di libertà sessuale, ma erano minoritarie o provocatorie.

Quindi anche in Grecia, pur con una cultura diversa, vi era una rigida distinzione pubblica tra uomini e donne rispettabili, e la promiscuità era moralmente censurata.

Fonti: Platone, Aristotele, tragediografi, storici

Platone – Leggi (Libro VI)

“Il contatto tra uomini e donne deve avvenire solo nei limiti della legge matrimoniale; ogni unione fuori di essa deve essere ritenuta ingiusta e empia.”

— Platone, Leggi VI, 775b

Aristotele – Politica

“La donna deve essere governata dall’uomo, come l’anima governa il corpo; la sua virtù è quella dell’obbedienza e della modestia.”

— Aristotele, Politica I, 1259b

Lisia – Contro Eratostene

(testimonianza sulla separazione domestica)

“Le nostre donne vivevano dentro la casa, non erano viste da estranei. Quando uscivano, erano accompagnate da una serva.”

— Lisia, Or. 12, 19

Nella Grecia classica, la donna “rispettabile” era separata dalla vita pubblica; la promiscuità era associata solo alle etère (donne non sposate o di ceto libero), ma non accettata come norma sociale.

PUDICIZIA E PROMISCUITA'
PUDICIZIA E PROMISCUITA’

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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