L’INVOCAZIONE A RUDRA SIGNORE DEL MONDO

di Devadatta Mahācakra

Ṛgveda 2.33.9 – L’invocazione a Rudra, Signore del mondo

sthirébhiráṅgaiḥ pururū́pa ugró babhrúḥ śukrébhiḥ pipiśe híraṇyaiḥ ǀ

ī́śānādasyá bhúvanasya bhū́rerná vā́ u yoṣadrudrā́dasuryám ǁ

ṚV 2.33.9

Con membra (aṅgaiḥ) solide (sthirebhiḥ), multiforme (pururūpaḥ), terribile (ugraḥ), marrone-rossiccio (babhruḥ), si è ornato (pipiśe) di splendori (śukrebhiḥ) dorati (hiraṇyaiḥ).

Signore (īśānāt) di questo (asya) vasto (bhuvanasya) mondo (bhūreḥ), non (na) privarci (yoṣat) davvero (vā u) della luce (asūryam), o Rudra (rudrāt).

Asūryam* («senza sole») indica l’assenza di luce, quindi oscurità o morte.

Nell’ultima invocazione, na vā u yoṣad rudrāt asūryam, le particelle vā u rafforzano l’appello («davvero, ti preghiamo») e rudrāt appare come vocativo in forma ablativa, tipico del sanscrito vedico.

È una preghiera intensa: «Non privarci, o Rudra, della luce del Sole». Qui asūrya diventa metafora della morte e dell’oscurità.

L’epiteto īśānāt asya bhuvanasya bhūreḥ (“Signore di questo vasto mondo”) anticipa già nel Ṛgveda il senso che īśa assumerà nelle Upaniṣad: la trasformazione di Rudra da potenza terribile a principio cosmico regolatore e benefico, il Signore che illumina ogni cosa.

Da questo nome vedico, īśānāt, “Signore”, nascerà il termine īśā che apre la Īśāvāsya Upaniṣad: īśāvāsyam idaṃ sarvam, “tutto questo è avvolto dal Signore”.

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* asūryam è composto dal prefisso privativo a- e da sūrya (“sole”), con il significato letterale di “assenza di sole”, dunque “oscurità” o “morte”. Nei Veda il termine indica lo stato privo di luce e, in senso figurato, la condizione di chi è separato dalla vita o dalla conoscenza.

Sāyaṇa glossa infatti asūryam tamasābhāvam mā karot (“non farci cadere nella condizione priva di luce”).

Jamison e Brereton traducono il verso con “the lordly power will not depart” (“il potere signorile non si allontanerà”), intendendo asūryam come simbolo della forza luminosa e vitale di Rudra; Geldner, invece, rende “von Rudra trennt sich fürwahr nie die Asurawürde” (“dalla maestà di Rudra non si separa mai la dignità degli Asura”), accentuando il carattere regale e dominatore del dio. Nei Veda, tuttavia, il termine asura non designa ancora un demone, ma un essere dotato di potenza e signoria (āsurya, asurya-bhāva), attributo divino che esprime la sovranità cosmica. In questo contesto, il valore originario di asūrya credo resti quello di “assenza di sole”, cioè “oscurità”, che qui si oppone alla luce salvifica di Rudra.

L'INVOCAZIONE A RUDRA SIGNORE DEL MONDO
L’INVOCAZIONE A RUDRA SIGNORE DEL MONDO

Pubblicato da vincenzodimaio

Estremorientalista ermeneutico. Epistemologo Confuciano. Dottore in Scienze Diplomatiche e Internazionali. Consulente allo sviluppo locale. Sociologo onirico. Geometra dei sogni. Grafico assiale. Pittore musicale. Aspirante giornalista. Acrobata squilibrato. Sentierista del vuoto. Ascoltantista silenziatore.

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