di Luca Rudra Vincenzini
“C’è un Guru che non è altro che la trasmissione ininterrotta dei raggi [della consapevolezza risvegliata] che vengono ricevuti attraverso la sequenza del lignaggio. C’è una divinità che non è altro che la realtà percepita attraverso quella [trasmissione, ovvero Śiva]”, Kaulasūtra.
Abhinavagupta, riprendendo un passo del Kaulasūtra, si occupa di un tema centralissimo della tradizione tantrica: la discesa della Grazia (śakti-nipāta) e la sua trasmissione (saṅkramaṇa) di maestro in discepolo.
Il primo punto che sottolinea è che non c’è trasmissione alcuna se il maestro fisico non è stabilizzato durante la trasmissione nel principio traspersonale ed eterno (gurutattva). È quel principio a trasmettere lo stato al discepolo per mezzo del maestro fisico e ciò senza alcun dubbio (na saṁśayaḥ). C’è dunque condivisione, accensione e trasmissione perché entrambi condividono la stessa essenza divina (tādātmya): la coscienza di Śiva.
Prosegue distinguendo i meri portatori di azioni rituali e studiosi (karmin) da coloro che conoscono la natura della realtà per esperienza diretta (jñānin). Ora costoro possono passare gli insegnamenti ai discepoli per azione rituale (pūjā), insegnamento formale (kathā) e trasmissione dell’esperienza (saṅkramaṇa). Quest’ultima è definitiva (paraśāktabala) quando i karma del discepolo sono giunti ad un termine o torna ciclicamente se ancora non c’è completa libertà da essi. Di fatto l’entrata nello stato (samāveśa) e la sua trasmissione (saṅkranti) può avvenire anche da parte di un non realizzato perché in qualsiasi caso non è il mezzo (persona fisica) bensì la fonte (Śiva) il punto sorgivo di trasmissione.
PS: le pratiche non servono a produrre lo stato, bensì a togliere dalla mente e dal corpo ciò che è di ostacolo alla percezione diretta.

